Cosa succederebbe se il New York Times chiudesse a maggio?
7 Marzo 2009 Pubblicato da Pino Bruno
- 7 Marzo 2009
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- editoria, new york times
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“Cosa succederebbe se il New York Times chiudesse, diciamo, a maggio”? si chiede Micheal Hirschorn (The Atlantic), su Internazionale, il settimanale a cui sono abbonato da anni e del quale non riuscirei a fare a meno. La crisi dei giornali di carta è la storia di copertina del numero in edicola. Quattro grandi reportage da non perdere. Lettura consigliata in particolar modo ai giornalisti italiani, senza contratto da 1469 giorni.
“In tutto il mondo i quotidiani perdono copie e pubblicità, riducono le redazioni, rischiano la chiusura. Ma il futuro dell’informazione non è mai stato così promettente“, strilla Internazionale in copertina. In particolare, le riflessioni di Eric Alterman (Salviamo le notizie non i quotidiani), sono un pugno nello stomaco. Alterman si sofferma sulla differenza tra l’editoria statunitense e quella europea (…ho la sensazione che negli Stati Uniti non solo i politici, ma anche molti giornalisti lascerebbero sparire il 95 per cento dei giornali prima di accettare un solo centesimo dal governo…).
Come non condividere la riflessione del direttore di Internazionale, Giovanni De Mauro? “I giornalisti non hanno mai avuto tanti lettori come oggi. Grazie a internet i loro articoli raggiungono un numero enorme di persone, soprattutto giovani. Il New York Times vende meno di un milione di copie su carta, ma online ha oltre 20 milioni di visitatori unici al mese. I giornali sono in crisi, non l’informazione. Oggi si scrivono e si leggono più notizie di quanto sia mai successo nella storia dell’umanità. Siamo in grado di informarci più rapidamente e più approfonditamente di trenta, venti o anche solo dieci anni fa. Cercare, raccogliere e distribuire notizie non è mai stato così facile e a buon mercato. Insomma, si è esaurito un modello industriale ed economico, non il mestiere di giornalista né il bisogno di essere informati. Naturalmente bisognerà trovare delle alternative a quel modello. Ma non è la fine del mondo. C’era un tempo in cui per comunicare con gli altri facevamo dei disegni nelle grotte. Qualcuno ne sente la mancanza?”