Libertà di stampa: l’Italia perde altre quattro posizioni
20 Ottobre 2009 Pubblicato da Pino Bruno
- 20 Ottobre 2009
- GIORNALISMI
- censura, diritto all'informazione, Reporters sans Frontières
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Unico caso in seno all’Unione europea, il Primo Ministro Silvio Berlusconi controlla ancora tre canali della televisione di Stato e il principale gruppo di nazionali private Mediaset. Un predominio che amplifica l’interferenza politica nelle linee editoriali, e promuove l’auto-censura di parte dei professionisti.
La televisione, che resta la principale fonte di informazione per l’80% della popolazione, attrae anche la quota maggiore di entrate pubblicitarie nazionali. La legge promulgata dal ministro Gasparri ha cancellato tutti i limiti della ripartizione delle quote delle entrate pubblicitarie, aprendo la porta a un riorientamento talvolta massiccio verso i canali televisivi nazionali, in particolare i canali appartenenti alla famiglia Berlusconi.
Altri problemi ricorrenti sono l’accesso alla professione, che resta fortemente regolamentato. In Italia, per diventare giornalista professionista è necessario sostenere un esame. La diffamazione è sempre penalizzata, e l’accesso ai dati pubblici o privati, è, in realtà, non sempre garantito.
Il nuovo progetto di legge relativo alla pubblicazione degli atti giuridici, ancora sotto esame, pone una seria minaccia per il giornalismo investigativo. La riforma del codice prevede il divieto di pubblicare molti atti giuridici, in particolare le intercettazioni ordinate dal pubblico ministero fino alla fine delle indagini in corso. Il divieto di pubblicazione comprende anche il lavoro delle commissioni d’inchiesta.
Se il disegno di legge dovesse essere approvato, i giornalisti non sarebbero dunque in grado di informare il pubblico su eventuali arresti, perquisizioni o sequestri ordinati dai magistrati. La pubblicazione di un procedimento, conversazioni o comunicazioni – la cui distruzione è stata ordinata dal procuratore – sarà comunque vietata. In caso di violazione di tale segreto, il giornalista rischierebbe il carcere, multe pesanti e il divieto di esercitare la professione per tre mesi”. (Reporters sans frontières, Italia 2009).