Libertà di stampa: censori in redazione e orizzonti islandesi
18 Giugno 2010 Pubblicato da Pino Bruno
Tra gli effetti perversi del decreto sulle intercettazioni – ormai più noto come Legge Bavaglio – ce n’è uno particolarmente insidioso e poco raccontato dalle cronache sullo scellerato provvedimento all’esame del Parlamento. E’ una norma che attenua le sanzioni previste nei confronti degli editori di giornali che pubblicano “arbitrariamente atti di un procedimento penale”.
Denuncia la Federazione Nazionale della Stampa (FNSI) che “…da tali sanzioni però gli editori – che pure hanno sottolineato, in più di una circostanza, i pericoli derivanti dallo snaturamento di un corretto rapporto tra editore, direttore e redazione – verrebbero risparmiati se dimostrassero di aver adottato nelle loro redazioni un modello organizzativo che implichi il funzionamento di una catena di comando efficace nei controlli dei testi messi in pagina o mandati in onda”.
A leggere bene il comunicato della FNSI, c’è il serio pericolo – una volta approvato il decreto legge, che nelle redazioni nasca una nuova figura professionale. Una sorta di Commissario Politico, un Minculpop, un ufficio Affari Interni, come nei film dei poliziotti americani. “Redattori dotati di poteri tali – scrive la FNSI – da tenere sotto schiaffo chiunque scriva, racconti o pensi invece di ubbidire in silenzio ai diktat del momento”. Insomma, “redazioni trasformate in caserme”.
Ben altra aria tira in Islanda, stavolta non per merito o colpa del vulcano Eyjafjallajökull. Il Parlamento di Reykjavík ha approvato una proposta di legge esattamente opposta a quella italiana. Un provvedimento che potrebbe trasformare il paese in un porto franco per i giornalisti che fanno inchieste scomode.
La legge chiede al governo modificare la legislazione islandese in modo da garantire la protezione dell’attività giornalistica e fare da scudo ai reporter perseguiti da sentenze straniere di diffamazione.
La Modern Media Initiative, nata su proposta del sito di controinformazione Wikileaks, potrebbe attirare nella terra dei vulcani organi di informazione specializzati nel giornalismo d’inchiesta. In Islanda, ad esempio, potrebbero nascere siti e giornali in lingua italiana, per continuare a pubblicare le cose che non si potranno più raccontare quando il decreto sulle intercettazioni sarà approvato in via definitiva.
Una volta tanto un paese offshore non per speculatori, delinquenti ed evasori fiscali ma per giornalisti che ancora credono nella libertà di stampa.
A questo proposito non sembra peregrina la domanda del giornalista Diego Novelli, già sindaco di Torino: ”Che cosa fa l’Ordine dei giornalisti nei confronti dei colleghi che votano in Parlamento per una legge che impedisce di svolgere la professione giornalistica”?
Diego Novelli, lancia l’appello al massimo organo di rappresentanza della categoria. ”Mi rivolgo al consiglio dell’Ordine del Piemonte, in primis, che faccia un passo rispetto al nazionale perche’ siano presi provvedimenti, si dica qualcosa ai colleghi, anche loro iscritti, che siedono in Parlamento e permettono che passi la legge bavaglio. Sono norme che ci impediscono di lavorare, di svolgere la nostra professione”.