Banda larga: tutti divisi appassionatamente
17 Settembre 2010 Pubblicato da Pino Bruno
- 17 Settembre 2010
- APPROFONDIMENTI, ATTUALITA', RETI
- banda larga, consumatori, internet, pubblica amministrazione, telefonia cellulare
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“Forse c’è qualcosa di strano, poco decifrabile, nell’atteggiamento del governo – scrive oggi Franco Morganti sul Corriere della Sera – si pensa forse che la banda larga serva solo ai ragazzini per giocare, ai guardoni per stravedere, agli antagonisti per protestare”? “Invece – conclude Morganti – serve alle aziende per sopravvivere, ai professionisti per lavorare, ai giovani per imparare”. Già la banda larga, o sarebbe meglio dire – in Italia – la banda allargata, o meno stretta. Un tormentone senza capo né coda. Dove eravamo rimasti?
C’era una volta il cosiddetto Piano Romani, cioè una manciata di soldi – 800 milioni di euro – da destinare al superamento del divario digitale. Non banda veramente larga, come si intende altrove in Europa e negli Stati Uniti (cioè 100 Mbit per secondo), ma un minimo comune denominatore di 1 Mbit/s. Cioè portare internet dove non c’è: zone rurali, quartieri periferici, piccoli comuni, eccetera.
Ebbene, il già cagionevole Piano Romani sembra essere ormai trapassato. “Gli 800 milioni per la larga banda sono svaniti e si sono trasformati in 100 milioni condivisi”, scrive Francesco Di Martile su IctBusiness. Altro che fibra ottica. Il buon vecchio rame – monopolio di Telecom – tira ancora alla grande. L’ex monopolista è stato beneficiato dall’aumento del canone di unbundling deciso dall’Autorità per le comunicazioni.
“Giornata infausta nel settore delle telecomunicazioni”, ha scritto Maddalena Camera sul Giornale. Aumento del canone significa che l’”ultimo miglio” in fibra di rame dalle centrali Telecom ad uffici e abitazioni – vero e proprio imbuto -costa di più agli operatori alternativi. La rendita di posizione di Telecom è assicurata e, tre giorni fa, “gli operatori telefonici concorrenti di Telecom hanno abbandonato un comitato creato dall’Autorità garante per le Comunicazioni dove si discuteva come dovrà essere gestita la nuova rete in fibra ottica (quella per avere Internet superveloce)”.
“In una sintesi un po’ brutale il vicolo cieco è questo – osserva Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano – gli operatori telefonici non-Telecom vogliono sapere quali saranno le regole di concorrenza sulla nuova rete in fibra, prima di spendere un euro per contribuire a costruirla. Se alla fine comanderà solo Telecom, l’investimento non si giustifica. Ma le regole per la nuova rete si possono decidere solo una volta che è chiaro chi la costruirà, perché il quadro è completamente diverso se la fibra ottica viene realizzata da Telecom, dallo Stato, da una società mista tra operatori di settore o soltanto dai concorrenti dell’ex monopolista pubblico”.
Vicolo cieco, partita persa. I commenti sull’ultimo atto del paradosso italiano della banda larga sono più o meno gli stessi. Il divario digitale sembra destinato ad allargarsi, tra i fortunati che avranno la fibra ottica in casa o in azienda e gli sfortunati che dovranno accontentarsi di connessioni tartaruga.
Pochi giorni fa Fastweb ha “acceso” il servizio Fibra 100 nelle città e nei quartieri già raggiunti dalla fibra ottica. Da fonti aziendali si apprende che l’azienda non avrebbe intenzione, al momento, di estendere Fibra 100 ad altre città. Bene dunque per chi ha già la fibra. Dal canto suo Telecom sperimenta reti ultraveloci in zone già ampiamente servite dalla banda larga, come il quartiere Prati di Roma. E gli altri? Si arrangino. D’altronde WiMAX non decolla e le reti mobili sono sempre più sovraffollate.
AGGIORNAMENTO DELLE 15.45
Notizia diffusa dalle agenzie di stampa:
Il tavolo sulle reti di tlc di nuova generazione istituito dal viceministro dello Sviluppo con delega alle comunicazioni, Paolo Romani, e’ giunto all’accordo tecnico sul modello infrastrutturale di base. Ne da’ notizia un comunicato del ministero dello Sviluppo economico.
”Questa azione – afferma il viceministro Romani – permettera’ al sistema Paese di raggiungere gli obiettivi definiti dall’Agenda Digitale europea entro il 2020, ovvero che il 50 per cento degli utenti domestici italiani ed europei abbia attivato abbonamenti per servizi con velocità superiore a 100 Megabit”.
Il tavolo sulle reti di tlc di nuova generazione istituito dal viceministro dello Sviluppo con delega alle comunicazioni, Paolo Romani, e’ giunto all’accordo tecnico sul modello infrastrutturale di base. Ne da’ notizia un comunicato del ministero dello Sviluppo economico.
”Questa azione – afferma il viceministro Romani – permettera’ al sistema Paese di raggiungere gli obiettivi definiti dall’Agenda Digitale europea entro il 2020, ovvero che il 50 per cento degli utenti domestici italiani ed europei abbia attivato abbonamenti per servizi con velocità superiore a 100 Megabit”.
Speriamo che non si tratti del solito annuncio.
AGGIORNAMENTO DELLE 17.47
ROMA, 17 SET – Schiarita nel mondo delle tlc sul tema delle reti di nuova generazione. Dopo lo strappo che ha portato gli operatori alternativi ad abbandonare il Comitato Ngn istituito dall’Autorita’, aziende e governo hanno raggiunto un accordo al tavolo tecnico voluto dal viceministro alle Comunicazioni, Paolo Romani. Un accordo che, ha spiegato il ministro, e’ un passo fondamentale che ”permettera’ al sistema Paese di raggiungere gli obiettivi definiti dall’Agenda Digitale europea entro il 2020, ovvero che il 50% degli utenti domestici italiani ed europei abbia attivato abbonamenti per servizi con velocita’ superiore a 100 Megabit”. I passi da fare, per la verita’, sono ancora molti, a partire dai particolari economici e dalla governance dell’organismo che dovra’ gestire l’infrastruttura passiva: con l’accordo di oggi, tuttavia, e’ stato messo nero su bianco almeno il modello che verra’ adottato per portare la fibra a meta’ delle famiglie entro 10 anni.
Il tavolo tecnico, al quale hanno partecipato Telecom Italia, Vodafone, Wind, Fastweb, Tiscali, Bt Italia e 3 Italia, oltre al rappresentante dell’Agcom in qualita’ di osservatore e ai dirigenti del Dipartimento delle Comunicazioni del ministero dello Sviluppo economico, ha in sostanza definito il modello infrastrutturale di base, vale a dire come organizzare cavidotti, fibre ottiche spente, collegamenti ottici per stazioni radio base, che ”dovra’ essere punto di riferimento dell’attivita’ che Governo, Enti locali e operatori prevedono di sviluppare congiuntamente”. Si tratta di un modello, ha spiegato il Ministero, che ”e’ volto ad assicurare la massima armonizzazione con le infrastrutture esistenti”: in sostanza, secondo quanto si apprende, il modello si puo’ definire ‘ibrido’, in grado di supportare le due modalita’, (quella ‘Gpon’ e quella ‘punto punto), scelte rispettivamente da Telecom e dal trio Vodafone-Wind-Fastweb per i rispettivi progetti.
Il passo successivo sara’ l’avvio, la prossima settimana, tramite una consultazione pubblica, di un censimento delle infrastrutture in fibra ottica presenti nel Paese e dei relativi piani di investimento per lo sviluppo nei prossimi tre anni.
Sempre la prossima settimana il modello sara’ presentato anche agli operatori medi e piccoli. Tra due settimane, infine, sara’ convocata la seconda riunione del tavolo Governo-Operatori con l’obiettivo di sancire i principi e le tappe necessarie per l’avvio concreto della partnership pubblico-privata. Soddisfatto Romani, che ha ringraziato ”tutti gli operatori che stanno contribuendo alla costruzione di questo progetto con grande professionalita’ e straordinaria disponibilita”’.
Positivo anche il commento del presidente dell’Autorita’, Corrado Calabro’, secondo il quale ”poter disporre di un modello condiviso non puo’ che agevolare il percorso di definizione delle nuove regole per le reti Ngn che l’Agcom si accinge a varare”. L’Autorita’ affrontera’ questo compito nella prossima riunione del Consiglio, ”tenendo in massimo conto la Raccomandazione che la Commissione Ue rendera’ nota nei prossimi giorni e avvalendosi del contributo di tutti i soggetti interessati”.
Soddisfazione arriva anche dall’a.d. di Telecom Italia, Franco Bernabe’, secondo il quale e’ stato trovato ”un punto di equilibrio fra le esigenze dei diversi operatori, consentendo un’intesa che garantira’ un futuro di forte crescita per le telecomunicazioni italiane”.