Giornalismi: riecco un guru che predice la morte dei quotidiani di carta
2 Novembre 2010 Pubblicato da Pino Bruno
- 2 Novembre 2010
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- cittadinanza digitale, diritto all'informazione, internet, iPad
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L’industria dell’informazione sta virando verso una realtà dominata dal contenuto e dalle connessioni sociali. Una rivoluzione potenzialmente positiva a patto che – scrive Dawson – “i media tradizionali sappiano reinventarsi e partecipare a questa fase di crescita”. I successori dell’iPad – “riconosciuto come il precursore” – saranno allora i mezzi principali di accesso alle informazioni. I modelli base (nel 2020) costeranno appena 10 dollari e spesso e volentieri verranno offerti gratuitamente – magari con l’abbonamento a un periodico. Quelli più sofisticati saranno invece “piegabili o arrotolabili” e “interattivi”.
Cambierà soltanto la distribuzione? No, dice Dawson. Il giornalismo subirà una mutazione: inchieste, servizi e notizie saranno dragati da orde di dilettanti supervisionati dai professionisti”. In opposizione al citizen journalism vi saranno però una serie di esperti di settore e firme importanti che, “grazie alla loro reputazione”, faranno da guida al pubblico. Reputazione che, una volta perduta, sarà però molto difficile da recuperare.
Prima dell’Italia, nella tabella dell’estinzione dei quotidiani, figurano il Canada e la Norvegia (2020), la Nuova Zelanda, la Spagna, la repubblica Ceca, Taiwan (2024), la Sud Corea, la Russia urbana, il Belgio (2026). Dopo l’Italia verranno invece paesi come la Francia (2029), la Germania (2030), il Giappone (2031), la Mongolia (2038) e l’Argentina (2039). Dal 2040 in poi sarà la volta del resto del mondo, conclude Dawson.
Con tutto il rispetto dovuto a Ross Dawson, questo dibattito è vecchio come il cucco. C’è un bel saggio di Gwenyth L. Jackaway (Media at war: Radio’s Challenge to the Newspapers, 1924-1939) che ricorda cosa accadde negli anni Venti del Novecento, quando tutti pensavano che la radio avrebbe ucciso i giornali di carta.
La stessa disputa si accese negli anni Cinquanta del Novecento, quando gli editori dei giornali definivano parassiti i giornalisti televisivi. Nel 1955 i giornali contestarono vivacemente la decisione del Presidente Eisenhower di aprire i press briefing della Casa Bianca ai giornalisti televisivi. James Reston, famoso commentatore del New York Times, scrisse che la conferenza-stampa è uno strumento vitale per i processi democratici, “oggi sopraffatto dalla paraphernalia dei mezzi televisivi”.
Le tesi di Ross Dawson, d’altronde, sono state ampiamente precedute dal rapporto redatto da Google nel luglio scorso (Comments on Federal Trade Commission’s News Media Workshop and Staff Discussion Draft on “Potential Policy Recommendations to Support the Reinvention of Journalism” July 20, 2010), che ogni giornalista dovrebbe leggere.
Tranquilli, dunque. Per quanti utenti al mondo si abitueranno a leggere i giornali su iPad, saranno molti di più quelli che continueranno a sfogliare la carta.
Il problema non è (soltanto) tecnologico. Come scrisse – molti anni fa, nel 1998 – l’anonimo graffitaro su un muro della Facoltà di giornalismo del Québec: “L’Internet ne rendra pas intelligents les journalistes stupides. Mais il rendra encore plus intelligents les journalistes intelligents”.
fonti: Google, Ansa, Guardian