Giornalismi: Budapest capitale della Birmania?
21 Dicembre 2010 Pubblicato da Pino Bruno
- 21 Dicembre 2010
- GIORNALISMI
- censura, diritto all'informazione, Ungheria, unione europea
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In confronto a quelle approvate poche ore fa dal parlamento ungherese, le leggi sulla stampa in vigore in Corea del Nord, Turkmenistan, Iran, Birmania, Siria, Sudan, Cina, Cuba e via censurando, sembrano giochi da ragazzi. Faranno di certo precipitare l’Ungheria dal ventitreesimo posto agli abissi della classifica mondiale sulla libertà di stampa elaborata ogni anno da Reporters sans frontières. Non sono provvedimenti tollerabili, nell’Unione Europea.
Da ieri la stampa in Ungheria non è più libera. Il Parlamento, con i voti della maggioranza conservatrice, ha approvato infatti l’ultimo tassello della ‘legge bavaglio’ sui media, una riforma che consente al governo del premier Viktor Orban ampio controllo su tutti gli organi di informazione: radio, televisione, giornali, e anche internet.
E’ l’ultima stazione di un lungo processo cominciato a luglio, subito la conquista del partito conservatore Fidesz di una maggioranza di due terzi alle politiche, conseguendo così un potere eccezionale, senza precedenti nella storia dell’Ungheria democratica, che consente di modificare la Costituzione e la struttura dello Stato.
Per la stampa, a luglio era stata istituita un’Autorità nazionale delle telecomunicazioni, con a capo un garante, Annamaria Szalai, vicina del premier Orban, e investita di un mandato blindato di nove anni e facoltà di emanare decreti.
Poi è stato istituito un ente unico di cui fanno parte la televisione pubblica (Mtv e Duna), la radio pubblica (Mr) e l’agenzia stampa Mti, con direttori nominati dal garante. Ieri, infine, il varo definitivo di una legge di 175 articoli che regola il comportamento degli organi di stampa in nome di un imprecisato ”interesse pubblico”.
Orban spiega che bisognava fare ordine nel caos dei media pubblici (tv senza presidente da anni perché’ l’autorità prima, paritetica, non riusciva ad accordarsi su nessun candidato). Ma giornali e radio liberali e di sinistra temono una campagna da del governo per imbavagliare il dissenso.
In base alla legge, la nuova Autorità, nominata solo dal partito di maggioranza Fidesz, potrà sanzionare con multe salate tutti i media in casi di ”violazione dell’interesse pubblico”. La controversa legge prevede inoltre la soppressione delle redazioni di news dalla tv e alla radio, per farle confluire in un unico centro di notizie presso l’agenzia di stampa nazionale, Mti, al fine di garantire una confezione uniforme delle notizie su tutti i media pubblici.
I giornalisti investigativi saranno inoltre tenuti a rivelare le loro fonti. I telegiornali dovranno rispettare un tetto del 20% per le notizie di cronaca nera e il 40% della musica trasmessa dovrà essere di provenienza ungherese.
Il timore è che le multe previste per i trasgressori soffochino le testate economicamente deboli. ”D’ora in poi, giornalisti e redattori dovranno essere molto cauti su cosa pubblicheranno”, ha messo in guardia il direttore di Nepszabadsag, il maggiore quotidiano indipendente, di stampo liberal. La testata ha annunciato ricorso alla Corte costituzionale contro la legge. Ma le chance di successo sono scarse, poiché anche le competenze dell’Alta Corte sono state limitate dalla maggioranza governativa di due terzi in Parlamento.
Csaba Belenessy, direttore generale dell’ agenzia Mti, che dirigerà la nuova centrale di notizie, aveva di recente detto che i giornalisti nel suo servizio dovranno essere leali al governo. Le news della centrale saranno gratuite per gli utenti e l’agenzia sarà finanziata unicamente dal bilancio statale.
Per dissipare le preoccupazioni, il premier Orban, in visite a Vienna e Londra, ha detto che le nuove norme sono conformi alle norme europee. L’Ipi (istituto internazionale della stampa) si è detto invece preoccupato per la situazione della stampa in Ungheria, e anche l’Osce, l’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, ha espresso critiche severe nell’ultimo rapporto del garante per la libertà di stampa dell’Osce.
Nei giorni scorsi l’International Federation of Journalist (EFJ) aveva stigmatizzato il provvedimento. Appello caduto nel vuoto.
(fonti: Ansa, EFJ, Heti Világgazdaság)