Wanted Wikileaks: altri siti nasceranno
2 Dicembre 2010 Pubblicato da Pino Bruno
- 2 Dicembre 2010
- GIORNALISMI
- censura, diritto all'informazione, google, WikiLeaks
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Più pericoloso di Bin Laden, Hitler e Stalin messi insieme, più eretico di Cagliostro, più subdolo della saponificatrice di Correggio, più spietato di Jack lo squartatore. Julian Assange è l’uomo più ricercato della terra. Non per aver messo a disposizione dei giornalisti di tutto il mondo, su Wikileaks, la corrispondenza riservata del Dipartimento di Stato statunitense, bensì per aver usato preservativi difettosi. Più che Cablogate è cherchez la femme. Sappiamo tutti che l’ordine di arresto della magistratura svedese non sta in piedi, è soltanto un pretesto. Basta leggere le carte.
Il vero delitto compiuto da Wikileaks è la lesa maestà. Da che mondo è mondo i giornalisti hanno fonti riservate, gole profonde delle pubbliche amministrazioni e delle aziende che – per le ragioni più disparate – vogliono che alcuni affari riservati vengano fuori. Julian Assange e Wikileaks non hanno trafugato alcunché. Non hanno scassinato nottetempo casseforti, non hanno violato santuari del potere. Hanno ricevuto documenti riservati e li hanno pubblicati, dopo averli messi a disposizione – in anteprima – dei cronisti investigativi di The New York Times, The Guardian, Der Spiegel e Le Monde.
Le fonti – dice l’ABC del giornalismo – vanno sempre tutelate. Prima di Wikileaks i giornali facevano uso esclusivo delle gole profonde. Ai tempi del web sono condivise. I giornalisti hanno un solo dovere: pubblicare dopo aver verificato scrupolosamente che non si tratti di documenti taroccati. Il cui prodest spetta ad altri, non ai cronisti, come ci hanno insegnato i maestri della professione.
Se Wikileaks fosse esistito ai tempi delle stragi di Piazza Fontana, Brescia, Italicus, Bologna, Ustica, forse avremmo avuto per le mani i documenti riservati che ci avrebbero fatto conoscere la verità, su mandanti ed esecutori.
Wikileaks finora ha permesso di svelare molti retroscena delle guerre in Iraq e in Afghanistan e di altri affari meno eclatanti. Anche se riusciranno a chiudere Wikileaks, altri siti nasceranno, altre gole profonde spunteranno fuori, altri giornalisti scriveranno.
E’ il giornalismo 2.0, bellezza, e tu non puoi farci niente. Niente.