Giornalismi: macchine per scrivere e bufale
28 Aprile 2011 Pubblicato da Pino Bruno
Questa storia dovrebbe diventare case study nelle scuole di giornalismo. Tutto comincia con una notizia pubblicata il 17 aprile dall’India’s Business Standard. Nei magazzini di Godrej & Bojce Manifacturing Company, l’ultimo fabbricante di macchine per scrivere al mondo – scrive il giornale – sono rimaste soltanto 500 macchine. La produzione è cessata per mancanza di ordini. La notizia viene rilanciata il giorno successivo dal Daily Mail e poi, martedì 19, da CBC e USA Today. Agenzie di stampa, giornali, televisioni e siti internet di tutto il mondo fanno il resto, con un copia-incolla virale. Con una sola eccezione: Gawker.
Ne ho già parlato martedì scorso. Il redattore Seth Abramovitch legge la news e non si accontenta di riproporla così com’è. Fa qualche telefonata in giro, cerca in rete, contatta il responsabile delle vendite di una grande azienda del settore e scopre che, in realtà, ci sono altri produttori di macchine per scrivere, in Cina, Giappone e Indonesia.
Abramovitch accerta, tra l’altro, che le typewriter hanno un mercato privilegiato: le carceri. Nei penitenziari di quarantatré stati americani, infatti, ai detenuti non è consentito l’uso dei computer. Se vogliono scrivere, i carcerati devono usare le vecchie tastiere.
Almeno i giornalisti italiani non dovevano abboccare. La macchina per scrivere l’hanno usata fino a due anni fa, per sostenere l’esame di abilitazione alla professione. Altro che pezzo da museo.
Per carità, le bufale sono sempre in agguato e scagli la prima pietra il cronista, l’inviato e l’editorialista esenti da incidenti di percorso. Ma, come si dice, sbagliando si dovrebbe imparare, e invece, nessuno dei giornali che hanno pubblicato la falsa notizia – piccoli e blasonati – ha ospitato aggiornamenti o rettifiche. Fuori dal coro BlitzQuotidiano e pochissimi altri.
Ho raccolto la sfida di Seth Abramovitch e approfondito le ricerche. Le macchine per scrivere continuano a essere prodotte e vendute, così come il principe dei materiali di consumo, antesignano delle cartucce di inchiostro: i nastri.
A Zhejiang, in Cina, c’è la fabbrica China Daerq Office Equipments Co., Ltd. Produce macchine per scrivere meccaniche ed elettriche e, ovviamente, i ribbon.
Sempre in Cina, a Shanghai, c’è l’azienda Shanghai Weilv Mechanism Company, che propone un catalogo di tutto rispetto.
Un altro piccolo produttore cinese è Shop248 Limited, a Hong Kong. Un solo modello, elettrico.
Ancora a Hong Kong ho trovato ULTRA EXPORTS LTD, che offre due modelli meccanici.
Insomma, la macchina per scrivere non è morta, ha un mercato ristretto ma resta in produzione, così come le hoax, le bufale giornalistiche.