Italy Press Freedom Status: Partly Free
19 Aprile 2011 Pubblicato da RG
Non è una scheda lusinghiera, quella dedicata all’Italia nel rapporto Freedom on the Net 2011, che analizza lo stato dell’arte della libertà di espressione in rete. Freedom House è un istituto indipendente di ricerca, finanziato prevalentemente con fondi del governo degli Stati Uniti. Ebbene, nel nostro paese, l’Internet Freedom Status è “free”, ma il Press Freedom Status è “partly free”.
Nel complesso l’Italia passa il test dei “paesi liberi” ma si piazza sul fondo della classifica, al terzultimo posto.
Il motivo? Scontato: “la tendenza a restringere la libertà su Internet è frutto della struttura della proprietà dei media in Italia, dove il primo ministro Silvio Berlusconi possiede, direttamente o meno, un grande conglomerato privato … che lo può incentivare a restringere il libero flusso di informazioni online per ragioni politiche o per condizionare la competizione sugli spettatori dei video online”.
Se non siamo ultimi è perché “…tuttavia, a partire dalla fine del 2010, la diversità di opinioni e il grado di critica del governo nelle discussioni online è stato in gran parte libero e sembra essere maggiore nei mezzi di comunicazione audiovisivi che nella stampa”.
Dice il rapporto che “…Libertà di parola e di stampa sono costituzionalmente garantite e generalmente rispettate, nonostante le preoccupazioni in materia di concentrazione della proprietà dei media, in particolare di Berlusconi, per il controllo su entrambi i mezzi di comunicazione pubblici e privati”.
“Negli ultimi anni – scrive ancora Freedom House – l’esecutivo è stato accusato di tentare di estendere a Internet il controllo che esercita sul settore televisivo. Questo in parte perché gli uomini chiave nel governo attuale hanno molta familiarità con i mezzi radiotelevisivi, ma sorprendentemente non hanno dimestichezza con Internet”.
Insomma, siamo ancora “verdi” – nei grafici di Freedom House – perché molti progetti di legge pericolosi per la libertà di espressione in rete sono stati “abbandonati o accantonati”.
Il che è un merito del permanente stato di allerta dei cittadini digitali.
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