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Giornalismi e bufale

Di bufale è lastricato il cammino del giornalismo, fin da quando i cronisti si chiamavano scriba e al governo c’erano i Faraoni. Meraviglia dunque la meraviglia dei più, quasi che il caso della falsa blogger siriana fosse rondine solitaria a primavera. Ogni giornalista con un po’ di pelo sullo stomaco sa che la mamma della bufala è sempre incinta e la disinformacja in agguato. E giù, i cretini del giornalismo d’antan, a sproloquiare. “Avete visto che scherzi fa internet? Mai fidarsi della rete. E’ qui che dovete tornare, per l’informazione di qualità. Astenersi blogger e giornalisti improvvisati, faidate“.

 

Nel caso di Amina, però, la figuraccia l’hanno fatta proprio i professionisti dell’informazione, che si sono bevuti la storia tutta d’un fiato. Per fortuna è arrivato il bastian contrario Andy Carvin della National Public Radio, vecchia volpe del giornalismo tradizionale e di quello digitale. Cosa ha fatto Andy? Quello che dovrebbero fare tutti i cronisti. Verificare le fonti, setacciare il web alla ricerca dell’origine della notizia, andare a ritroso, chiedere aiuto ai followers di Twitter, incrociare le informazioni. Così il blog di Amina è stato vivisezionato fino all’ultimo bit, IP, proxy, e il millantatore è stato beccato.

La rete ha fatto il danno e la rete si è emendata.

Pino Bruno

Scrivo per passione e per dovere, sono direttore di Tom's Hardware Italy, ho fatto il giornalista all'Ansa e alla Rai e scrivo di digital life per Mondadori Informatica e Sperling&Kupfer

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