Giornali digitali: ecco come si fa a vendere più copie
1 Luglio 2011 Pubblicato da Pino Bruno
- 1 Luglio 2011
- BUONI ESEMPI, GIORNALISMI
- editoria, Fieg, Francia, iPad, iPhone, quotidiani, tablet
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Cara Fieg, gentili editori italiani di giornali, invece di lamentarvi perché si vendono sempre meno copie in edicola e ancora troppo poche in versione digitale, prendete esempio dai vostri colleghi francesi. Al di là delle Alpi, le grandi firme dell’editoria fanno meno convegni e più fatti. Les Echos, L’Equipe, Le Figaro, Libération, Le Parisien/Aujourd’hui en France, L’Express, Le Nouvel Observateur e Le Point , hanno aperto un’edicola digitale comune: ePresse. L’applicazione è già disponibile per i dispositivi mobili Apple e, a luglio, si estenderà a tablet e smartphone Android e WebOS.
I quotidiani sono pronti alle sei e trenta del mattino, i settimanali all’alba del giorno di uscita. Il potenziale lettore apre l’applicazione, scorre i titoli e decide l’eventuale acquisto. C’è un netto risparmio, rispetto all’edizione di carta, e poi le ultime dieci edizioni comprate restano disponibili nell’archivio personale.
Il lettore non è costretto ad abbonarsi, come accade invece in Italia con La Repubblica, Il Corriere della Sera e L’Espresso (fanno eccezione Il Sole 24 Ore e La Gazzetta del Mezzogiorno). La scelta è libera, così come in un’edicola tradizionale. Per fidelizzare l’utenza, dal prossimo autunno saranno comunque proposti anche gli abbonamenti.
In Francia, dunque, otto editori di nove pubblicazioni quotidiane e periodiche hanno capito che il digitale non è nemico dei giornali e che la qualità – non solo tecnologica – è l’unica risposta possibile. Le applicazioni dei singoli giornali sono dispersive e occupano troppo spazio sui dispositivi mobili. Tutti per uno, uno per tutti funziona sempre.
In Italia la proposta di Simplicissimus per l’edicola digitale STOP sembra essere caduta nel vuoto. Gli editori nostrani preferiscono agire in ordine sparso, invocare maggior qualità giornalistica e poi pagare i collaboratori precari con cinque euro netti per ogni articolo.
Fonti: Le Figaro, Libération.