La Dogana delle Pecore: riti e balzelli visti da Der Spiegel
1 Settembre 2011 Pubblicato da Pino Bruno
- 1 Settembre 2011
- ATTUALITA', E-GOVERNMENT
- burocrazia, E-GOVERNMENT, Germania, pubblica amministrazione, tasse
- 3 Commenti
Peccato che Hans-Jürgen Schlamp, corrispondente da Roma per il settimanale tedesco Der Spiegel, non abbia fatto un tuffo nel passato, prima di scrivere il suo articolo sugli arcaici riti burocratici e balzelli ai quali gli italiani hanno fatto il callo. Avrebbe scoperto l’antica Dogana delle Pecore, morta e risorta sotto altre voci e assurdi tributi. L’approccio del giornalista germanico è antropologico. Sembra Claude Lévi-Strauss (con tanta puzza al naso) alle prese con gli indios amazzonici. Eppure sulle tivù impazza uno spot commissionato dal ministro Brunetta, che parla di eGovernment, Pubblica Amministrazione Digitale, clic, mail. Un altro mondo! Che, evidentemente, il corrispondente da Roma di Der Spiegel non ha visto. Neanche noi.
L’articolo di Hans-Jürgen Schlamp, pubblicato da Der Spiegel il 22 agosto scorso con il titolo “Scusi! Hier sind Sie leider falsch” è questo, nella traduzione curata da Internazionale:
“Gli esseri umani producono rifiuti. E quindi devono pagare. È una regola che vale in Germania come in Italia. Anche nella cittadina toscana di Massa Marittima. Chi compra un appartamento in questa località deve immediatamente iscriversi al registro per il pagamento della tassa sullo smaltimento dei rifiuti, pena una multa consistente.
Quindi la prima cosa da fare è andare al municipio, all’ufficio smaltimento rifiuti, al pianterreno a sinistra. “Orario d’apertura: giorni feriali dalle 10 alle 12”, si legge sulla porta. L’ora è giusta, ma la porta è chiusa. Un impiegato frettoloso spiega che la collega sta partecipando a un corso d’aggiornamento.
Un paio di giorni dopo la collega è tornata, ma ha molto da fare, e le persone si accalcano davanti all’ingresso. Poi arriva finalmente il momento per presentare la propria supplica. Ma la donna, fresca di corso di aggiornamento, scuote la testa incredula.
Lo spot sulla Pubblica Amministrazione Digitale
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=AAumMTVh_oM[/youtube]
Spiega che lei è responsabile dei rifiuti, ma solo se ci sono problemi con le bollette, mentre l’iscrizione al registro non è di sua competenza: bisogna consegnare un modulo a Equitalia, un’agenzia che lavora in subappalto per molti comuni italiani. L’impiegata mi spiega con cortesia come arrivarci. L’ufficio di Equitalia è minuscolo, e quasi tutti i clienti devono aspettare in strada. Il modulo della tassa dei rifiuti, dice l’uomo dell’agenzia dietro una lastra di vetro antiproiettile, si trova al municipio, immediatamente a sinistra superato l’ingresso.
In Italia le farse burocratiche come questa possono durare anche anni. Come nel caso dell’iscrizione all’anagrafe del comune di Roma. Solo dopo un anno e mezzo di visite regolari negli uffici competenti si riesce a ottenere un risultato concreto. Alla fine si ricevono i complimenti del personale del municipio, con cui ormai si è sviluppato un rapporto di familiarità.
Un funzionario mi ha spiegato che tanti aspiranti cittadini della città eterna aspettano anche molto di più per ottenere la residenza. “Guardi questa pratica, per esempio: è qui già da quattro anni”.
Un giro dal notaio
La burocrazia è il flagello dell’Italia. I cittadini passano migliaia di ore in fila davanti agli sportelli e agli uffici del comune o della posta. Un numero incalcolabile di ore lavorative si perde in queste attese improduttive. Gli sprechi e le tasse soffocano molte iniziative economiche. Le perdite di produttività e di crescita e l’alto tasso di disoccupazione che colpisce proprio le giovani generazioni sono lo scotto da pagare per questa follia burocratica. Tutto dev’essere registrato, notificato, certificato e naturalmente pagato.
Chi vuole vendere un vecchio motorino al vicino di casa per 200 euro deve andare dal notaio, che garantisce – naturalmente dietro versamento di un ricco onorario da parte del venditore come del compratore – che vengano corrisposti allo stato tutti i tributi del caso.
Chi vuole installare un pannello solare sul tetto di casa potrebbe non ottenere il permesso dalle autorità competenti: il funzionario responsabile della località toscana di Manciano, per esempio, ha comunicato a una cittadina interessata all’energia solare che lui per principio non concede queste autorizzazioni. “Trarre profitto dal sole?”. No, lui non lo permetterà, quantomeno nella zona di sua pertinenza.
E chi vuole costruire un minuscolo garage di legno vicino alla sua casetta fuori dai confini della città, deve fare i conti con qualche migliaio di euro di imposte. Per esempio, per la perizia approfondita che bisogna effettuare ogni volta anche se le condizioni da certificare sono sempre le stesse: “zona non sismica”, o “nessun corso d’acqua adiacente” che rischi di essere inquinato. A sud, dove i controlli non sono cosi capillari come a nord, si costruisce abusivamente: in questo modo sono sorti interi quartieri”.
Hans-Jürgen Schlamp
Fonti: Internazionale, Der Spiegel.