Semplificazione: riecco il tormentone della Carta di Identità Elettronica
26 Gennaio 2012 Pubblicato da Pino Bruno
Puntuale come una cambiale, riecco il tormentone della Carta di Identità Elettronica. Anche il governo Monti – così come hanno fatto quelli precedenti negli ultimi tredici anni – si impegna a metterci mano. Il rilascio della CIE da parte di ogni comune italiano dovrebbe essere uno dei “punti centrali” del pacchetto sulle semplificazioni. Riusciranno Monti & C. dove hanno fallito gli altri? Il naufragio della Carta di Identità Elettronica è uno degli scandali nazionali più sottaciuti. Finora la sperimentazione è costata 60 milioni di euro, e chissà quanti altri ce ne vorranno per farla arrivare nelle tasche di tutti i cittadini. Intanto è proseguita la proliferazione di altri documenti digitali. Sono per lo più inutili, perché ne basterebbe uno – la CIE, appunto – per contenere tutti i dati oggi sparpagliati tra CNS (Carta nazionale dei Servizi), CRS (Carta regionale dei servizi) e Carte sanitarie regionali.
L’anno scorso, a giugno, c’è stata l’ultima denuncia, a cura dei senatori dell’Italia dei Valori Gianpiero De Toni e Felice Belisario. I due parlamentari scrivevano che negli ultimi undici anni “…oltre ai 60 milioni di euro utilizzati per la sperimentazione della CIE sono state spese cifre importanti: 60 milioni di tessere sanitarie, con costo complessivo per produzione e gestione/distribuzione di oltre 650 milioni di euro; la CNS, Carta nazionale dei Servizi, costo unitario 20 euro a carico dello Stato; la CRS, Carta regionale dei servizi, diffusa su base regionale (Lombardia, Friuli, Sicilia), con circa 18 milioni di card dal costo unitario di 15 euro; infine la CRS Lombardia, con validità di 5 anni, per la quale, negli anni 2001-2011, sono stati spesi almeno 1.000.000.000 di euro per una popolazione di circa 9 milioni di cittadini, per un costo di 183 euro a cittadino per 2 card, quindi 91,5 euro a card. Si tratta di spese, a parere degli interroganti, del tutto inutili”.
Un mese prima se n’era occupato anche Sergio Rizzo, sul Corriere della Sera. Una pagina intera, per raccontare le magagne degli sprechi, delle sovrapposizioni, della guerra sotterranea per accaparrarsi gli appalti dell’eterna sperimentazione e della contesa (anch’essa eterna) tra Ministero dell’Interno e Ministero della Funzione Pubblica sulla titolarità del documento e dei dati sensibili da inserire.
L’ultimo colpo di mano conosciuto riguardava la sicurezza. I senatori De Toni e Belisario scrivevano in proposito che: “…la modifica delle caratteristiche tecnologiche di sicurezza, che si intuiscono notevolmente depotenziate in seguito all’abbandono dell’ologramma laser, scelta che sembra determinata dalla volontà di non ricorrere all’in- house providing, di fatto esclude la possibilità del controllo ‘a vista’ della persona, vanificando la sicurezza del documento, in quanto le forze di polizia e di frontiera non dispongono di strumenti di lettura del microchip”.
Vedremo se il ministro Filippo Patroni Griffi si comporterà diversamente dagli “annunciatori di CIE” di professione che lo hanno preceduto (Brunetta, Maroni, Stanca, Scajola, Pisanu, Bassanini, eccetera).
Senza una Carta di Identità Elettronica che azzeri tutte le altre tessere digitali (esclusa la patente di guida) e diventi l’unico strumento di dialogo del cittadino con la Pubblica Amministrazione, senza una CIE blindata, a prova di contraffazione (con la stessa tecnologia adottata per la Green Card statunitense), si tratterebbe del solito, triste, vano, retorico, annuncio.
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