Gola Profonda in attesa di casella postale sicura
27 Giugno 2013 Pubblicato da Pino Bruno
Il ben più vasto scandalo PRISM – Datagate ha fatto passare in secondo piano la vicenda dei telefoni dei giornalisti dell’Associated Press messi sotto controllo dal Dipartimento di giustizia statunitense. È successo appena un mese fa, poi però è esploso il caso Edward Snowden. Spia caccia spia. I giornalisti, si sa, sono obiettivi particolarmente ghiotti per le spie, interessate a risalire alle fonti, alle gole profonde, ai whistleblower. Prima dell’Associated Press era successo al New York Times, a febbraio, e i guardoni erano i servizi segreti cinesi.
Proteggere la fonte è un imperativo categorico per il giornalista, ovunque nel mondo. Il nome della Gola Profonda del caso Watergate è venuto fuori soltanto nel 2005, trent’anni dopo lo scoop del Washington Post, e soltanto perché fu lo stesso informatore ad ammetterlo. Come fa il giornalista a tutelare le sue fonti al tempo di Internet? I suggerimenti non mancano, e adesso c’è anche DeadDrop, la casella postale blindata, a prova di intercettazioni, che ogni organo di informazione può inserire e pubblicizzare sul suo sito.
Se ne è parlato il mese scorso, quando il New Yorker ha attivato una casella crittografata chiamata StrongBox. Qualche articolo di colore su quotidiani e siti, dibattiti e interventi al Festival del giornalismo di Perugia e poi nulla più. A quanto pare nessun giornale, nessun sito italiano, ha messo in funzione la sua DeadDrop/DropBox. Se qualche direttore avesse deciso di emulare il New Yorker si sarebbe saputo. Il mondo è piccolo e quello del giornalismo italiano, poi, è la piazzetta di una città di provincia.
Cos’è una DeadDrop, come funziona, quanto costa? Partiamo dall’ultima domanda: neanche un centesimo. È una piattaforma open source per archiviare documenti e messaggi da inviare al giornale, con la certezza di restare anonimi.
Il progetto, come ricorda Vincenzo Marino, è stato ideato dagli hacker etici Aaron Swartz e Kevin Polusen. Si basa su un sistema di ricezione e consultazione dei documenti in più fasi: c’è la spola da un server all’altro, c’è l’utilizzo della rete Tor, c’è l’adozione di username casuali cifrate. Questa serie di passaggi, che prevedono anche l’utilizzo di server divisi da quelli usati dal giornale, permette alla fonte di restare anonima. Ovviamente la verifica dei documenti e delle rivelazioni spetta al giornalista. Incrociare le fonti, approfondire, controllare, accertare, è compito del professionista.
Una casella postale blindata e inattaccabile dalle spie è mancata evidentemente a Wikileaks, che non ha saputo tutelare la sua fonte Bradley Manning. Il soldato gola profonda è in carcere ormai da anni a causa delle sue rivelazioni ad Assange. Esperienza che, evidentemente, ha indotto il New Yorker a correre ai ripari.
A quando una DeadDrop/StrongBox su un giornale italiano?