Non ci spiano ma ci monitorano. Che differenza c’è?
29 Ottobre 2013 Pubblicato da Pino Bruno
- 29 Ottobre 2013
- ATTUALITA', SICUREZZA
- datagate, Echelon, intercettazioni, NSA, privacy, spionaggio
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Rilassatevi. Mica vi spiano. Vi monitorano. Da giorni i servizi di intelligence stanno cercando di tranquillizzarci, sottolineando la differenza. Quasi che il “monitoraggio”, cioè lo spionaggio per metadati, sia eticamente più accettabile dello spionaggio di un tempo. Quello, per intenderci, delle “Vite degli altri”, dei microfoni e delle cuffie, dell’ascolto parola per parola. Ah com’era rozzo star lì ad origliare nelle camere da letto! Ah com’è moderno monitorare tutto quello che passa in rete: mail, telefonate, messaggi, siti visitati. Monitorare e immagazzinare, perché un giorno quei file, quei record, potrebbero essere usati contro chiunque non faccia il bravo. Una spada di Damocle dematerializzata ma pronta a rimaterializzarsi alla bisogna. Non è questione meramente semantica, né possiamo sentirci rassicurati dall’apparente moderazione del “monitoraggio” rispetto allo spionaggio bruto.
C’è chi dice: io non ho nulla da nascondere, la mia condotta è esemplare, anche se origliano le mie conversazioni, leggono le mie mail, non troveranno nulla di disdicevole. Già, è vero: noi, nostro padre, nostra madre, i nostri nonni, i nostri figli, parenti, amici, colleghi, non hanno nulla da nascondere. Probabilmente, però, un amico di un amico di un amico dei loro amici su Facebook ha per caso incrociato un giorno, nel mondo digitale, un amico di un amico di un amico di qualcuno che, solo per caso, ha incrociato in rete una persona finita nella rete a strascico della NSA. Da quel momento anche noi ci saremo guadagnati un livello di attenzione da parte del Grande Fratello. È la “Teoria dei sei gradi di separazione” o “Teoria del mondo piccolo “, cioè l’ipotesi dello scrittore ungherese Frigyes Karinthy “secondo cui qualunque persona può essere collegata a qualunque altra persona attraverso una catena di conoscenze con non più di cinque intermediari”.
(L’articolo prosegue qui, su Tom’s Hardware)