Gli informatori sono essenziali per la democrazia ma l’Europa fa finta di niente
25 Novembre 2013 Pubblicato da Pino Bruno
Fare l’Edward Snowden o il Bradley Manning, cioè rivelare informazioni riservate su affari illeciti e corruzione a causa di conflitti di coscienza, costa molto caro. Essere whistleblower significa rischiare l’esilio, la galera, a volte la vita. D’altronde, come scrive John Le Carré nel suo ultimo, bellissimo, libro “Una verità delicata”, “Se l’unica condizione necessaria perché il male trionfi è che le persone oneste non facciano nulla, come si può rimanere in silenzio”? Gli informatori sono essenziali per la democrazia, e per questo dovrebbero essere protetti anche dai governi, fa osservare il condirettore di Presseurop, Gian Paolo Accardo. Eppure soltanto pochi paesi europei lo fanno.
Nel recente rapporto Whistleblowing in Europe. Legal protections for whistleblowers in the EU, l’organizzazione non governativa Transparency International sottolinea che soltanto 4 paesi UE su 27 esaminati – Lussemburgo, Romania, Slovenia e Regno Unito – hanno “strutture legali” avanzate per proteggere gli informatori. Gli altri paesi esaminati sono divisi in due gruppi: 16 di loro garantiscono protezione agli informatori, seppure insufficiente, mentre negli altri 7 è meglio pensarci due volte prima di rivelare informazioni riservate.
E l’Italia?
Il nostro Paese – si legge nel rapporto – è caratterizzato da luci ed ombre. Manca una legge organica che protegga gli informatori e inoltre il sistema giuridico molto complesso rende difficile per un dipendente pubblico comprendere quali sono i suoi diritti e le tutele previste. Tuttavia nell’ottobre 2012 il governo ha incluso nel decreto anticorruzione norme per la protezione dalle ritorsioni degli informatori del settore pubblico. Purtroppo – fa rilevare il rapporto – c’è una tale varietà di altre leggi e regolamenti penali, civili, amministrativi, del lavoro e per la protezione dei dati personali che crea confusione e contraddizioni. Nel giugno 2013 il Comune di Milano ha approvato una misura per proteggere i dipendenti che denunciano episodi di malaffare. Mario Draghi , presidente della Banca centrale europea ed ex governatore della Banca d’ Italia, di recente ha rivolto un appello per una migliore protezione dei whistleblower in Italia.
Come si è visto, altrove va pure peggio. Nella maggior parte del mondo gli informatori che divulgano documenti riservati e delicati vanno incontro a una punizione quasi certa da parte dei loro supervisori, colleghi e amici. Spesso si trovano costretti a fare di tutto per proteggere il loro lavoro, la loro carriera e le loro reputazione, e a volte rischiano anche la vita.
Come rivela il rapporto Whistleblowing in Europe. Legal protections for whistleblowers in the EU, la mancanza di una protezione adeguata per gli informatori penalizza quelli che chiedono almeno di non essere licenziati o perseguitati per aver denunciato un crimine. Quando la corruzione politica, gli imbrogli finanziari e i crimini ambientali restano impuniti, perdiamo tutti. Questo genere di condotte fraudolente può essere combattuto soltanto con l’aiuto degli informatori, che a loro volta possono compiere la loro missione soltanto se non temono di pagarne le conseguenze.
Per questo motivo Transparency International suggerisce “azioni decise” da parte di tutti i paesi Ue per “approvare nuove leggi per la protezione degli informatori” o in alternativa per “rafforzare quelle esistenti”. Senza una protezione completa per gli informatori – dice ancora il condirettore di Presseurop – l’Europa perderebbe un partner fondamentale nella lotta alla corruzione: i cittadini.