Scuola digitale? Sì, no, mah, boh
30 Gennaio 2014 Pubblicato da Pino Bruno
- 30 Gennaio 2014
- ATTUALITA', SCENARI DIGITALI
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Parlare di innovazione tecnologica a scuola accende sempre gli animi e ogni volta l’Italia si riscopre guelfa o ghibellina, pionieristica o misoneistica. C’è ad esempio il Garante per la privacy, Antonello Soro, che chiede alla Ministra per l’Istruzione: “possiamo immaginare l’educazione digitale come materia di studio a partire dalla scuola di base”? La risposta è negativa: Maria Chiara Carrozza “non è favorevole all’introduzione di ore specifiche dedicate alla materia, bensì ad attività trasversali”.
Qualche ora alla settimana dedicata al digitale sarebbe pressoché inutile. Avrebbero più da insegnare gli studenti al corpo docente che il contrario. Ben altra cosa sarebbe integrare le tecnologie digitali nelle materie di studio tradizionali. Ad esempio insegnare ad usare il pacchetto (Open) Office per tesine, presentazioni e quant’altro. Oppure insegnare a fare le ricerche su Internet, individuare le fonti attendibili… sapere cos’è il “fact checking”. Oppure ancora affrontare temi spinosi come la privacy e il copyright. Insomma, il digitale nella scuola, per cogliere davvero nel segno, dovrebbe essere “palloso” come qualsiasi altra materia che richiede impegno e attenzione.
Se poi il budget non fosse disponibile e mancassero al solito le competenze tecniche basterebbe richiedere l’impegno della scuola su almeno un fronte: tentare di far sviluppare agli studenti il pensiero critico. Che farsene di milioni di utenti digitali che usano il pollice opponibile solo per pizzicare lo schermo?
C’è poi chi non ne vuole proprio sapere di scuola digitale. Il Corriere della Sera racconta della “rivolta dei genitori dell’elementare Iqbal Masih di Roma”. Mamme e papà si sono opposti alla proposta di trasformare la classe dei loro figli in una classe digitale 2.0, con un sistema d’insegnamento con tablet e nuova tecnologia.
(L’articolo prosegue su Tom’s Hardware)