Addio CEC-PAC, mail autarchica non ci mancherai
18 Dicembre 2014 Pubblicato da Pino Bruno
- 18 Dicembre 2014
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- CEC PAC, firma digitale, PEC, posta elettronica certificata, pubblica amministrazione
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“Posta Eccentrica e Cabalistica”, si diceva nel 2010, quando il ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta decise di dare il via alla faraonica impresa del servizio di Posta Elettronica Certificata CEC-PAC. Un obbrobrio tecnologico e semantico: “Comunicazione Elettronica Certificata tra Pubblica Amministrazione e Cittadino”.
Nelle intenzioni, ogni italiano avrebbe dovuto dotarsi di una casella di posta elettronica per sostituire le raccomandate tradizionali nel rapporto epistolare con le amministrazioni pubbliche. Circuito autarchico, perché la CEC-PAC non serviva ad altro, non poteva essere usata per spedire una mail “normale”, cioè per le comunicazioni con soggetti privati.
Ebbene, dopo quattro anni di fallimenti e denaro pubblico – 19 milioni? 50 milioni? – gettato dalla finestra, la CEC-PAC è stata cestinata. L’Agenzia per l’Italia Digitale ne ha decretato il fallimento: “l’82% delle caselle attive non ha mai inviato messaggi”. Per risarcire i cittadini, “Dal 18 Marzo 2015 tutti gli utenti CEC-PAC potranno richiedere una casella PEC, gratuita per un anno, tramite l’indirizzo [email protected]“.
Meglio tardi che mai. La CEC-PAC era una peculiarità italiana. Nessun altro paese al mondo ha mai adottato una soluzione così assurda. D’altronde anche la PEC, cioè la Posta Elettronica Certificata – obbligatoria per tutte le PA e per gli iscritti agli ordini professionali – esiste soltanto in Italia (pare anche in Tanzania). Non è interoperabile, cioè non si può spedire una PEC oltre confine. In tutto il resto del mondo adottano la più semplice firma elettronica (o digitale) basata su certificazione di sicurezza.