Gogna o trasparenza? (seconda puntata)
5 Maggio 2008 Pubblicato da Pino Bruno
- 5 Maggio 2008
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Ero già intervenuto sulla diffusione on line delle dichiarazioni dei redditi. Le cose più sensate su questa vicenda le ha scritte a mio parere, Francesco Merlo sulla Repubblica di ieri. Faccio copia e incolla e vi propongo il suo articolo. Oggi ha risposto il Garante della Privacy Francesco Pizzetti. Va letto anche lui, così come la controreplica di Merlo.
La Repubblica – 4 maggio 2008 PRIMA PAGINA
Per lo meno adesso sappiamo che quello del garante della privacy è uno dei tanti circhi italiani che si dispiegano quando i fenomeni sono già spiegati, perché è sempre sull’animale ucciso che si accaniscono le mosche.
E difatti, con l’idea che il troppo rapido è più pericoloso del troppo lento, quel solerte ufficio si riunirà in emergenza, per affrontare il cataclisma dei redditi diffusi on line, nientemeno che… martedì sei maggio. Davvero è come se, durante un terremoto che distrugge e che confonde, la Protezione civile intanto se la desse a gambe, e poi decidesse di convocare il proprio quartier generale dopo i ponti del 25 aprile e del primo maggio.
E, visto che ci siamo, anche dopo il fine settimana e dopo il sonnolento lunedì. Per questo la riunione del garante è stata fissata martedì? Perché è meglio riposarsi bene prima di affrontare un terremoto? Non che noi immaginassimo squadre speciali che oscurano siti, funzionari in borghese che tappano buchi della serratura o moralisti che tuonano contro i professionisti del gossip.
E tuttavia, visto che in Italia i garanti della privacy sono dotati di sensori in cielo in terra e in mare, neppure ci aspettavamo che il professor Francesco Pizzetti, con l’ idea che proteggere la riservatezza il pudore e la vita privata sia opera lunga e difficile, ad ogni emergenza reagisse restando perfettamente immobile.
Anche nel caso Meredith’ solo il 24 aprile il garante ha stabilito che il filmato del cadavere straziato, che andava in onda dal 31 marzo, era «raccapricciante, non essenziale all’ informazione e lesivo della dignità della ragazza inglese uccisa».
E’ fatto così il nostro Pizzetti: prima vuole vedere «cosa c’ è sotto». Essendo in politica dai tempi del governo Goria, Pizzetti ha insomma imparato dalla vita che mai si devono bruciare le tappe. E dunque, per fronteggiare il presunto scandalo dei redditi on line, ha pensato di riunire i suoi uomini quando i giornali avranno completato la pubblicazione a puntate dei guadagni degli italiani scaricati da Internet e quando saranno scattate tutte le suonerie politologiche e tutti gli allarmi sociali.
Compreso quello della procura di Roma che, spettacolare come la pubblicazione dei guadagni di tutti, ha ieri contortamente minacciato la pena dell’ arresto per tutti…, vale a dire gli internauti – un intero popolo! – che hanno sbirciato, sbirciano e sbirceranno sui tabulati che il garante ha vietato rigorosamente troppo tardi.
Come si vede, quando si fa sul serio il garante della privacy colpisce non i violatori della privacy ma se stesso, quello della retorica, delle noticine firmate in calce ai contratti, alle vendite, alle registrazioni negli alberghi, quello che «al comma 2 lettere a b c d e f prevede nei modi in cui agli articoli 157 e 171… ».
La verità è che in Italia c’ è una vecchia professione, quella dell’ emergenza, che Leonardo Sciascia denunziò amaramente nella famosa polemica sui professionisti dell’ antimafia. E’ una professione che prima si rinnovava ad ogni pioggia abbondante e ad ogni siccità, ad ogni fenomeno sociale – pensate alla sicurezza a Roma! – ma anche ad ogni fenomeno culturale o naturale, ad ogni terremoto, ad ogni eruzione dell’ Etna.
Da quando viviamo tutti sotto controllo, la professione dell’ emergenza si rinnova anche ad ogni seria violazione della privacy che ovviamente è collegata con Internet, una finestra non solo sul bene ma pure sulle schifezze della nostra epoca, il catalogo delle notizie che si trasformano in morbosità.
Non c’ è dubbio che l’ ufficio del garante risponde all’ idea che la privacy abbia bisogno di professionalità speciali, di squadre speciali, di finanziamenti speciali, di attenzioni speciali. Così «sulla lotta alla violazione della privacy sta fondandosi o si è addirittura fondato un potere» che, disarmato rispetto alle reali violazioni, produce una montagna di carta, di certificazioni e autocertificazioni, scontrini ai pedaggi, di norme che tutti firmiamo senza neppure leggerle.
Dunque martedì, solo quando il gossip starà arrivando a domarsi per consunzione, verranno fuori i domatori di gossip e il proscenio tornerà ad essere occupato dai politici dell’ emergenza sommersa, quelli che dibattono sui limiti del diritto di cronaca, sulla filosofia della comunicazione, sulla differenza tra l’ accessibilità a un documento pubblico e il suo uso improprio, perché è vero che dei redditi non ci si vergogna ma è anche vero che si tratta di una materia che ha a che fare con il pudore e con la sicurezza personale…
E fino a che punto Internet trasforma in gogna mediatica la pubblicità di un dato pubblico? E ancora non si capisce se è reato – e secondo noi non lo è – o se è ineleganza, caduta di stile, quella commessa, con una punta di astio contro gli italiani, da un governo morente senza neppure avvisare – ha notato Stefano Rodotà – il garante che almeno in quel momento avrebbe potuto scoraggiare, denunziare, opporsi.
Solo martedì i garanti si immergeranno in carte ormai tutte pubblicate, e il professor Pizzetti ricomincerà a penetrare nello smarrimento dell’ uomo moderno. Spetta periodicamente a lui e al suo ufficio fare le più malinconiche considerazioni sul mondo che ormai è dominato dai satelliti, dal grande fratello, dalla profezia di Orwell.
Forse non sarà un grande spettacolo ma vedere gli impiegati che usciranno dal buco sarà come vedere l’ arcobaleno dopo la pioggia.
Sono impotenti è vero, ma in fondo sono brave persone «i professionisti dell’ antigossip».
FRANCESCO MERLO
Ecco l’intervento di Pizzetti
La legge del Garante e quella di Internet di FRANCESCO PIZZETTI
Caro Direttore, Francesco Merlo su Repubblica di ieri (“I professionisti dell’antigossip”) ci accusa di lentezza nelle nostre decisioni riguardo alla diffusione in Internet dei dati delle dichiarazioni dei redditi di tutti i cittadini.
Con tutta franchezza, mai come questa volta l’intervento della nostra Autorità è stato tempestivo.
Il 30 aprile, nella stessa giornata in cui si è saputo che l’Agenzia delle entrate ha cominciato a diffondere in rete, sul suo sito web, i dati di tutti i contribuenti italiani relativi al 2005, l’Autorità, che non era mai stata sentita preventivamente, ha fatto una rapida ma approfondita istruttoria sulla base della quale è apparso mancare il fondamento giuridico per una decisione così innovativa, mai adottata da alcun altro Paese, e potenzialmente così pericolosa, come quanto sta avvenendo purtroppo dimostra.
Conseguentemente, nella stessa seduta, il Collegio ha chiesto formalmente all’Agenzia di presentare le sue controdeduzioni e ha invitato a sospendere la ulteriore diffusione dei dati sul sito. Successivamente, di fronte agli aspetti sempre più preoccupanti che, come avevamo previsto, si sono purtroppo puntualmente verificati, il 2 maggio si è di nuovo riunito il Collegio che ha dato all’Agenzia il termine massimo del 5 maggio per rispondere. Il 6 decideremo.
Si dirà: sì, ma intanto il danno è stato fatto. Sono bastate quelle poche ore per consentire a decine e decine di utenti in tutto il mondo (anche negli Usa) di scaricare quei dati. E ora quei dati circolano liberamente sulla rete; sono oggetto di curiosità di ogni tipo; vengono esaminati, trattati, schedati in giro per tutto il mondo senza che nessuno ne possa più controllare o proteggere l’uso.
E’ esattamente quello che avevamo paventato. Ma certo questo non è imputabile all’Autorità. Sarebbe come se si accusasse la polizia del fatto che qualcuno, senza avvertirla né consultarla, ha aperto le armerie a tutti i cittadini nella convinzione che così potessero meglio difendersi, senza pensare ai pericoli che ciò avrebbe potuto comportare.
Quanto è avvenuto deve invece farci riflettere, e molto.
L’epoca della rete, il mondo della realtà virtuale è completamento diverso dal mondo fisico nel quale da millenni viviamo. In questa realtà persino i termini del linguaggio comune cambiano. Figuriamoci nei termini e i concetti giuridici che spesso continuano ad essere utilizzati senza alcun cambiamento per descrivere situazioni del tutto differenti.
Pubblicità e pubblicazione nella realtà fisica significano cose del tutto diverse da quello che sono nella realtà della rete. E’ abissale la differenza tra la disponibilità dei dati fiscali presso i comuni, come prevede la normativa, e la loro immissione indiscriminata in Internet. Un dato messo in rete, specialmente con le modalità del sito web adottate in questo caso, è conoscibile in tutto il mondo, da chiunque, può essere usato per le finalità più diverse, modificato, cambiato, falsificato. Può entrare nei motori di ricerca e restare per sempre, magari manipolato, nel curriculum di una persona.
Nessuno oggi, neppure le Agenzie di sicurezza e le istituzioni che usano le tecnologie più sofisticate può intervenire in modo davvero efficace a proteggerei dati entrati nella rete, ed evitare che possano restarvi in eterno, giusti o sbagliati che siano.
Aggiungo: giustamente i garanti europei e il garante italiano in prima fila con loro, sono impegnati in una battaglia estremamente dura con gli Usa per impedire che i loro Servizi di sicurezza possano conoscere, e senza alcun limite, tutti i dati dei cittadini europei che volano da e per l’altra parte dell’Atlantico. Allo stesso modo siamo tutti impegnati a contenere per quanto possibile la pretesa americana di “spiare” tutte le transazioni finanziarie contenute negli archivi della Swift, organizzazione interbancaria finalizzata a rendere certe queste transazioni.
E’ ragionevole che i dati di tutti i contribuenti italiani siano stati conoscibili da tutti, in tutto il mondo? Senza una decisione del Parlamento? Senza aver sentito l’Autorità di protezione dei dati che oggi è l’Istituzione posta a presidio della tutela dei dati e dunque della stessa sicurezza e libertà dei cittadini nel mondo della realtà virtuale?
Merlo ci accusa di essere una sonnacchiosa e troppo formalistica Autorità. Molto burocratica e tutta dominata dalla filosofai del “metta una firmetta per la privacy”. E’ un’accusa ingiusta. Non è così. Non è mai stato così. Non solo: specialmente negli ultimi anni abbiamo dedicato ogni sforzo per mettere in sicurezza le grandi banche dati del Paese, per proteggere le reti, per blindare il più possibile le comunicazioni telematiche, i dati trattati con tecnologie informatiche, gli immensi archivi informatici che costellano ogni settore della nostra società.
Siamo pochi, ha ragione Merlo. Siamo dotati di poteri insufficienti, è vero. Ci misuriamo ogni giorno con i nostri limiti di fronte a tecnologie che cambiano continuamente, come negarlo? E’ giusto dunque un serio dibattito sul nostro ruolo, le nostre risorse e le nostre competenze. Lo abbiamo chiesto in particolare nelle ultime relazioni presentate al Parlamento.
Ma guai a pensare che diminuendo o limitando, o irridendo il nostro ruolo, il Paese vivrebbe meglio, i cittadini sarebbero più liberi, la rete renderebbe tutti più liberi e felici.
Anche nella realtà virtuale di Internet vale il vecchio adagio: non ci sono diritti senza doveri; non ci sono libertà senza doveri.
Ecco perché il fatto che l’Agenzia delle entrate non ci abbia consultato è stato in questo caso particolarmente grave. Non è un problema di rispetto delle forme; è un problema di rispetto effettivo dei diritti di tutti noi.
Se fossimo stati sentiti sono certo che quello che è accaduto non si sarebbe verificato. Forse nessuno, nemmeno Merlo, lo avrebbe notato. Ma certo il Paese ne avrebbe tratto giovamento.
P. S. Quanto a caso Meredith, il giorno stesso in cui abbiamo avuto la segnalazione abbiamo chiesto alla emittente la cassetta e subito dopo averla visionata abbiamo intimato di astenersi da ogni ulteriore riproduzione del filmato.
(l’autore è presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali)
Infine la controreplica di Merlo
La realtà non sopporta più i tempi della burocrazia. L’orribile filmato su Meredith è stato mandato in onda, per la prima volta, il 31 marzo. Io l’ho visto il 6 aprile. Il garante l’ha bloccato (si fa per dire) il 24 aprile. Le decisioni sui redditi on line sono attese per domani, 6 maggio, perché, come dice il presidente Pizzetti bisogna “pur sempre rispettare le regole. Tra le quali, prima di tutto vi è il principio del giusto procedimento e del contraddittorio”. Ispirati, forse, da Einstein, i Beatles cantavano “life is very short and there’s no time / for fussing and fighting, my friend”, la vita è molto breve e non c’è tempo per pedanterie e polemiche, amico mio.
(f.m)
(5 maggio 2008)