Popoli migranti al tempo della posta elettronica
2 Luglio 2012 Pubblicato da Pino Bruno
- 2 Luglio 2012
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Dice l’OCSE che la crisi sta rallentando i flussi di migranti verso i paesi più sviluppati. Gli ultimi dati disponibili attestano l’immigrazione verso i Paesi europei in calo del 3% e dell’8% negli Usa. Già, i dati. Tra quelli ufficiali e la realtà c’è una bella differenza. Ne sono consapevoli gli esperti della ricerca demografica, che cercano nuovi approcci scientifici. Perché non provare ad analizzare le correnti migratorie basandosi anche sui flussi della posta elettronica? You are where you E-mail è il titolo della pubblicazione curata da Emilio Zagheni per il Max Planck Institute for Demographic Research (MPIDR) di Rostock, in Germania.
Zagheni e Ingmar Weber di Yahoo! Research hanno analizzato la provenienza di 43 milioni di messaggi di posta elettronica inviati tra settembre 2009 e giugno 2011. Quando una persona ha cominciato a inviare email da una nuova nazione in modo permanente, si è ipotizzato il cambio di residenza. In questo modo sono stati calcolati i tassi di migrazione da e verso quasi tutti i paesi del mondo. Per tutelare la riservatezza dei dati personali, la ricerca ha preso in considerazione solo sugli indirizzi IP nazionali, senza alcuna possibilità di identificare destinatari e mettenti, oggetto e contenuto dei messaggi.
Sostiene Emilio Zagheni che “le stime dei flussi demografici, dove esistono, sono spesso obsolete e incoerenti. Le registrazioni ufficiali sono difficili da utilizzare per vari motivi. Gli emigranti tendono a non iscriversi nelle liste consolari dopo lo spostamento in un nuovo paese o a farlo molto tardi. Inoltre non ci sono accordi chiari tra le nazioni su come definire in realtà un migrante”.
Il modello matematico creato tiene conto dei limiti oggettivi dell’analisi. E’ vero che i mittenti delle email non possono essere considerati rappresentativi dell’intera popolazione, ma Zagheni e Weber sono riusciti a calcolare i fattori di aggiustamento dei gruppi presi in esame e a mettere in relazione i messaggi spediti e i dati ufficiali resi disponibili.
I risultati sono stati considerati molto interessanti, anche se i due ricercatori sono consapevoli di aver toccato soltanto la punta dell’iceberg. Dati ancora più approfonditi potrebbero arrivare in futuro dall’esame dei tweet. Per esempio si potrebbe tenere traccia dei modelli di mobilità a breve e lungo termine, prima e dopo una crisi come il disastro nucleare di Fukushima.
Insomma, dalla rete potrebbe arrivare una svolta per la scienza demografica.
Il lavoro di Zagheni e Weber, in formato pdf, è qui.