Da zio Michele a Orwell a Occupy a V for Vendetta
5 Gennaio 2013 Pubblicato da Pino Bruno
- 5 Gennaio 2013
- APPROFONDIMENTI, GIORNALISMI, LIBRI
- Anonymous, george orwell, Guy Fawkes, musica, Noam Chomsky, Occupy
- 2 Commenti
George Orwell, zio Michele di Avetrana, Noam Chomsky, i movimenti Occupy, Guy Fawkes e Alan Moore. C’è un fil rouge che li accomuna: il brano musicale – in rete dal 5 novembre scorso – che l’autore del romanzo a fumetti, diventato poi l’indimenticabile film V for Vendetta, ha dedicato a Occupy London. Alan Moore canta The Decline of English Murder, una ballata che racconta l’Inghilterra della crisi[1].
George Orwell è morto un bel pezzo prima prima di conoscere le gesta di zio Michele di Avetrana, ma lo aveva descritto nel saggio del 1946 Decline of English Murder[2], ispirato a un fatto di cronaca che, due anni prima, quando ancora infuriava la guerra, aveva infiammato l’opinione pubblica inglese.
La banalità del male e – potremmo aggiungere con Noam Chomsky – la cronaca nera più sordida usata come arma di distrazione di massa. Dice Chomsky che “la strategia della distrazione consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti”.
(per vedere anche il video del Guardian, cliccare qui)
Distrazione di massa per mezzo della cronacaccia nera, dunque. La stessa strategia messa in atto per distogliere i cittadini dalla protesta dei movimenti Occupy (Wall Street, London, eccetera) contro le élites responsabili della crisi economica mondiale.
“The Decline of English Murder” è la storia di un “omicidio inglese” imposto al popolo, un racconto in cui i protagonisti sono l’aumento dei prezzi degli immobili, l’avidità e l’incompetenza, il sentimento di un rimorso che forse apparirà tra qualche anno.
Il brano musicale (gradevole, oltre che simbolico) è stato pubblicato il 5 novembre scorso dall’etichetta Occupation Records per finanziare le iniziative di Occupy London. Proprio quel giorno circa duemila persone si sono riunite in Trafalgar Square a Londra per una marcia di protesta sulla piazza del Parlamento. Era l’anniversario della fallita impresa del 1605 di Guy Fawkes per spodestare Re James e far saltare in aria il Parlamento. Il rivoluzionario sfortunato ha poi ispirato V for Vendetta e la maschera usata dal protagonista del film è diventata simbolo dei recenti movimenti di protesta anticrisi in tutto il mondo.
The Guardian ha utilizzato e messo a disposizione su YouTube la canzone di Moore come colonna sonora delle riprese effettuate durante la manifestazione. Il brano si può ancora acquistare in download qui, al costo di una sterlina. Soldi spesi per una buona causa, per ascoltare la voce morbida dell’eclettico Alan Moore e dimenticare zio Michele e chi ne racconta le imprese giudiziarie.
Fonti: L’Espresso, Il Corriere della Serra, La Stampa, The Guardian, Ghiaccio Nove, Comix Factory, Wikipedia.
[1] Accompagnato dalla musica di Joe Brown, il lamento di Moore dipinge con strofe ricche e barocche le immagini di un’Inghilterra segnata da episodi di miseria: una ragazza senzatetto si asciuga i capelli in un bagno pubblico, un uomo muore di freddo, non potendosi permettere di pagare la bolletta del gas. Fotografie sbiadite, storie piccole e particolari che, come nelle opere più politiche di Moore, assurgono a esempio di una situazione sociale ormai insostenibile. Piccoli omicidi, perpetrati verso la società dall’elite che “ha investito negli immobili i suoi bonus finanziari, facendo crescere i prezzi delle case e il numero dei senzatetto”. Perché le storie cantate da Moore non hanno l’obiettivo di suscitare pietà o solidarietà: il fine è riconoscere e accusare chi ha guidato l’Inghilterra fin qui, uccidendo “con l’avidità e l’incompetenza, quando qualsiasi sociopatico uccide con il martello, o il mattone, e magari dopo due o tre anni proverà rimorso” (Alessio Andreotti, Ghiaccio Nove).
[2] “La caratteristica sconvolgente del delitto britannico, come già notava George Orwell in quel famoso saggio del 1946 ironicamente intitolato Decline of the English Murder, è la vernice di apparente rispettabilità. L’ assassino ideale, notava Orwell, è un piccolo uomo qualsiasi, che vive un’esistenza noiosa e banale in una casa qualunque di periferia, e che avendo deciso il delitto lo esegue con la massima astuzia. Alla fine il delitto britannico classico è scoperto, in genere per caso e solo per una svista. Così almeno avveniva, di solito, nel mondo di Orwell”. (Renzo Cianfanelli, Il Corriere della Sera, 21 marzo 1994).