Barack Obama promuove la nuova rivoluzione industriale 3D
7 Marzo 2013 Pubblicato da Pino Bruno
Immaginate un oggetto progettato in Australia e costruito qualche istante dopo in un luogo imprecisato dell’altro capo del mondo, grazie a una stampante tridimensionale. Ecco, fate bene a immaginarlo, perché l’utopia è già realtà. Le stampanti 3D sono tra noi. Il visionario Bre Pettis ha già venduto quindicimila MakerBot. Nel 2009 era una startup. Oggi la sua azienda di Brooklyn ha 165 dipendenti e un robusto trend di crescita. Nelle stampanti 3D crede molto anche Barack Obama,
che nel suo ultimo Discorso sullo Stato dell’Unione, qualche giorno fa, ha dedicato un ampio passaggio a questa nuova rivoluzione industriale:
There are things we can do, right now, to accelerate this trend. Last year, we created our first manufacturing innovation institute in Youngstown, Ohio. A once-shuttered warehouse is now a state-of-the art lab where new workers are mastering the 3D printing that has the potential to revolutionize the way we make almost everything. There’s no reason this can’t happen in other towns. So tonight, I’m announcing the launch of three more of these manufacturing hubs, where businesses will partner with the Departments of Defense and Energy to turn regions left behind by globalization into global centers of high-tech jobs. And I ask this Congress to help create a network of fifteen of these hubs and guarantee that the next revolution in manufacturing is Made in America.
Cioè:
…Ci sono cose che possiamo fare, in questo momento, per accelerare questa tendenza. L’anno scorso abbiamo creato il nostro primo laboratorio di produzione innovativa a Youngstown, Ohio. Un vecchio magazzino è stato trasformato in un laboratorio in cui si lavora alla stampa 3D, che ha il potenziale per rivoluzionare il nostro modo di fare quasi tutto. La stessa cosa può accadere in altre città. Così stasera annuncio l’apertura di altri tre centri di produzione, in cui le imprese collaboreranno con i Dipartimenti della Difesa e dell’Energia per trasformare territori lasciati indietro dalla globalizzazione in centri mondiali per creare posti di lavoro high-tech. E chiedo aiuto a questo Congresso per realizzare una rete di quindici hub e garantire che la prossima rivoluzione nella produzione sia Made in America.
Il presidente Obama ha intercettato il cambiamento. D’altronde la rivoluzione era stata ampiamente annunciata dal direttore di Wired Usa, Chris Anderson, che nel 2010 intitolò un suo saggio, “Gli atomi sono i nuovi bits“, prendendo spunto dal nome di un laboratorio aperto al Mit di Boston qualche anno prima da Neil Gershenfeld, “Center for bits and atoms”, luogo dove produrre quasi-qualsiasi-cosa.
Il direttore di Wired Usa ha reiterato di recente con “Makers, il ritorno dei produttori”, pubblicato in Italia da Rizzoli. E, comunque, le stampanti 3D sono ospiti d’onore in questi giorni al CeBIT 2013 di Hannover, uno dei più importanti eventi mondiali dell’ICT.
Qual è il target delle stampanti tridimensionali? Professionisti che producono quantità limitate e possono quindi controllare l’intera filiera produttiva. Ingegneri, architetti, designer e progettisti che hanno bisogno di creare rapidamente prototipi delle loro idee. E poi? Le potenzialità sono infinite.
Il costo è abbordabile: per una MakeBot ci vogliono 2150 euro, mentre i filamenti di plastica speciale per farla funzionare costano trentasette euro il chilo. E comunque si può risparmiare sui materiali, perché sono disponibili anche robot – molto simili a quelli da cucina – per riciclare la plastica e farne bobine da stampante. Filabot, ad esempio.
Ecco cosa si può fare con una stampante 3D:
La rivoluzione annunciata da Chris Anderson è matura. “Arrivano i makers, i nuovi artigiani dell’era digitale”, titolava La Stampa qualche mese fa. Barack Obama se n’è accorto.
E noi?