Il libro digitale a scuola non lo vogliamo
4 Aprile 2013 Pubblicato da Pino Bruno
- 4 Aprile 2013
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Gli strumenti digitali fanno male alla salute. Parola di editore di libro scolastico di carta. Uno scherzo? Purtroppo no. E’ la suggestiva conclusione di un comunicato firmato da Associazione italiana editori (AIE), Federazione della Filiera della Carta e della Grafica, Associazione librai italiani (ALI), Associazione nazionale agenti rappresentanti e promotori editoriali (ANARPE). Le quattro sigle ce l’hanno con il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo e con la sua ri-annunciata decisione di portare a scuola nel 2014-2015 “solo libri digitali o nel formato misto”.
Ri-annunciata perché Profumo aveva detto la stessa cosa esattamente un anno prima, salvo poi fare marcia indietro. Nulla di rivoluzionario, e poi un’altra proroga sicuramente ci scappa. D’altronde è così che va il mondo, almeno quello più evoluto, dove computer e tablet hanno sostituito in tutto o in parte i testi di carta. Il solo ri-annuncio, però, ha fatto talmente adirare le quattro associazioni da far loro scrivere questa perla:
“A oggi infatti non è dimostrato da nessuna parte che l’impatto sempre più pervasivo degli strumenti elettronici sui ragazzi non sia nocivo per la salute, senza contare che la memorizzazione e la comprensione sono meno sollecitati dai supporti elettronici”.
Strano. In Finlandia i ragazzi non sembrano affatto instupiditi o malaticci. Anzi, tutto il contrario, come ha raccontato ieri su Repubblica l’inviato Andrea Tarquini dopo il suo viaggio nell’istituto superiore Meilahden Yläaste, modello di istruzione personalizzata e in cima alle classifiche Ocse.
Le quattro associazioni dicono anche cose verosimili, in difesa dei loro interessi:
“Il decreto…non considera in alcun modo l’insufficienza infrastrutturale delle scuole: banda larga, Wi-Fi, dotazioni tecnologiche…”
ma poi tracimano nell’autarchia:
“…sollecitano genitori e alunni ad acquistare prodotti di aziende straniere, non europee, a danno di imprese italiane…”
e infine nelle superficiali affermazioni sulla presunta nocività dei dispositivi digitali.
Suvvia, è come se amanuensi, copisti e scrivani avessero detto che la macchina da stampa a caratteri mobili inventata da Gutenberg faceva male alla salute.