Se YouTube si fa pagare
10 Maggio 2013 Pubblicato da Pino Bruno
- 10 Maggio 2013
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Ancora nessun editore italiano ha tentato l’approccio. D’altronde i canali YouTube a pagamento sono ancora un esperimento, e in tutto il mondo ne sono stati attivati appena 53. Diamogli tempo, è passato soltanto un giorno dal debutto della nuova formula: ”un programma pilota per un piccolo gruppo di partner che offre canali a pagamento, con canoni di abbonamento a partire da 0,99 dollari al mese”. Chi sarà il primo in Italia a tentare l’approccio? Quale sarà il modello di business? Si possono fare soldi con la televisione alternativa (competitiva?) al televisore? Con il proliferare di canali gratuiti su satellite, digitale terrestre e web, c’è spazio per una nuova offerta a pagamento? Se la risposta è affermativa, quale e come?
La mossa di YouTube non va presa sottogamba. Otto anni fa erano in pochi a puntare sul suo futuro, mentre oggi gli utenti mensili superano il miliardo. Certo, tra free e fee c’è una bella differenza, le formule a pagamento sono (ancora) una scommessa per tutta l’editoria. Con i canali ad abbonamento YouTube lancia una sfida ai colossi televisivi e solo la qualità dei contenuti potrà permettere al gigante digitale di competere con loro.
E poi YouTube dovrà vedersela con quanti hanno cominciato prima. Netflix ha già cominciato a produrre programmi e serie tv e ha trenta milioni di abbonati. Quattro milioni di abbonati sono con Hulu (gruppo Walt Disney, News Corp, Comcast). Si scaldano in panchina anche Apple – che vorrebbe produrre un televisore ad hoc – e Microsoft, che potrebbe contare sugli abbonati a Xbox.
La tv di Google risponde con la forza dei numeri: ”La nostra audience mensile equivale più o meno a quella di dieci Super Bowl. Se fossimo un Paese saremmo il terzo più grande al mondo dopo Cina e India”.
La proposta dei canali già disponibili in abbonamento è variegata, dai film blockbuster di Big Star Movies alle pellicole d’avanguardia di Docurama – senza interruzioni pubblicitarie – al National Geographic per bambini. Gran parte dell’offerta non è disponibile in Italia per esigenze di copyright. ”Questo è solo l’inizio – dice YouTube – nelle prossime settimane avremo canali a pagamento più ampi, come mezzo di self-service per partner di qualificati”.
Comunque vada, la partita si giocherà soprattutto sui contenuti, come ha detto di recente il presidente dell’Upa, l’associazione degli investitori pubblicitari, Lorenzo Sassoli de Bianchi:
“Il tormentone musicale, Gangnam style del coreano Psy, è il video più visto nella storia di YouTube: al momento circa 1,3 miliardi di visualizzazioni. Questo enorme flusso di interesse ha generato ricavi pubblicitari per YouTube pari a circa 8 milioni di dollari: poco più di 6 millesimi di dollaro a clic. Servono 162,5 visualizzazioni per ottenere un dollaro di ricavi pubblicitari. Briciole. Uno spot durante l’ultimo Superbowl, costava circa 4 milioni di dollari per un’audience di 110 milioni di telespettatori. Non c’è confronto”.