Turchia, se Twitter fa paura al potere
3 Giugno 2013 Pubblicato da Pino Bruno
- 3 Giugno 2013
- APPROFONDIMENTI, ATTUALITA', RETI, SCENARI DIGITALI
- censura, giornalismi, Reporters sans Frontières, rivolta popolare, turchia, twitter
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“Il cosiddetto Twitter è una minaccia, che finora ha causato problemi perché è pieno di menzogne“. Così il premier turco Recep Tayyip Erdogan, che da venerdì sta affrontando una delle più gravi crisi del suo governo, per la sollevazione popolare che da Istanbul si è allargata al resto del Paese. “Twitter è una nuova minaccia per la società, una cancrena della disinformazione, una catastrofe”, ha aggiunto Erdogan. Il perché è presto detto. Gran parte dell’informazione ufficiale – tv e stampa – è controllata dall’esecutivo, mentre le notizie sulla protesta e sulle violenze della polizia circolano sui social network. Controinformazione, cioè la bestia nera del potere. Che lì, in Turchia, ci va giù pesante nei confronti dei giornalisti che osano sfidarlo.
Nel suo ultimo “Rapporto sulla Libertà di stampa”, Reporters sans frontières colloca la Turchia al 154° posto (su 179): “La democrazia turca – scrive RSF – è oggi la più grande prigione del mondo per i giornalisti”. Settantadue operatori dei media sono finiti in carcere a causa della loro attività professionale.
La rete, poi, è sempre stata nel mirino delle autorità turche. Già nel 2011 c’era stata una mobilitazione di piazza contro l’adozione di strumenti per filtrare l’accesso a Internet, dopo il varo della Information Technology Authority (ICTA). In quella occasione il premier Erdogan ce l’aveva soprattutto con Facebook:” una tecnologia cattiva. Le pagine di Facebook sono ripugnanti e orrende”. E prima ancora, nel 2008, le autorità turche avevano messo al bando più di ottocento siti e blog, compreso YouTube.
E’ una ulteriore conferma: i social network – se usati con saggezza e sapienza – sono strumento di democrazia e controinformazione. Altro che Far West.