Mozzarella e diossina: attenti alle bufale!
27 Marzo 2008 Pubblicato da Pino Bruno
- 27 Marzo 2008
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- bufala, cnr
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Oggi l’ufficio stampa del CNR, il Consiglio nazionale delle Ricerche, ha diffuso una nota del direttore dell’Istituto di scienze dell’alimentazione del CNR di Avellino, Antonio Malorni, a proposito di mozzarelle e diossina. Mi sembra doveroso ospitare questo intervento.
“Credo che per un ricercatore sia un dovere contrastare l’allarmismo e il terrorismo scientifico. Come esperto del Cnr ho monitorato per più di due anni, dal 2003 al 2005, i prodotti del “Consorzio per la tutela del formaggio mozzarella di bufala campana” e posso affermare che l’87% dei campioni controllati erano da considerarsi incontaminati.
Infatti, per convenzione, tali sono da considerarsi tutti gli alimenti che contengono meno di 1 picogrammo di tossicità equivalente per grammo di grasso (1 pgTEQ/g), dal momento che alimenti con livelli di diossine zero non esistono e probabilmente non sono mai esistiti. Del 13% rimanente, l’11% aveva un tenore di diossine compreso nell’intervallo 1-2 pgTEQ/g di grasso e solo il 2% superava il valore di 2 pgTEQ/g di grasso, rimanendo comunque sotto il livello di legge che è fissato per motivi di precauzione a 3 pgTEQ/g di grasso. Avendo anche seguito le analisi di autocontrollo dei produttori, posso tranquillizzare i consumatori: la mozzarella di bufala campana, almeno quella con il marchio di tutela del consorzio, è assolutamente sicura.Va chiarito anche che con il termine generico di diossine indichiamo normalmente 210 sostanze chimiche diverse, chiamate congeneri, appartenenti alla famiglia delle policlorodibenzo-p-diossine (Pcdd) e alla famiglia dei policlorodibenzo-furani (Pcdf).
A questi congeneri bisogna poi aggiungerne 209 appartenenti alla famiglia dei policloro-bifenili (Pcb), prodotti industrialmente in grande quantità, a differenza delle diossine che sono, invece, prodotti indesiderati di processi industriali, quali alcune produzioni chimiche (Cvm, Pvc, clorosoda, etc.), e di attività antropiche, quali la combustione di rifiuti e di materiali organici.Diossine e Pcb sono sostanze organiche molto stabili e presenti ovunque. Le diossine, però, a diffferenza dei Pcb sono preesistenti nell’ambiente alla vita animale. Infatti, esse sono contenute in quantità apprezzabili anche in diverse rocce sedimentarie, come il caolino e l’argilla. Nel caolino americano, è presente una quantità totale di diossine di 200 milioni di volte maggiore di quella presente nella mozzarella di bufala campana con il marchio del consorzio di tutela. La presenza in questi minerali non ci dà però alcun fastidio, giacché non va a contaminare la catena alimentare.
La pericolosità biologica delle diossine risiede nel fatto che, essendo – come già accennato – molecole molto stabili e persistenti, e accumulandosi principalmente nei tessuti grassi animali, esse vengono trasferite nella catena alimentare producendo un fenomeno di accumulo nella zona terminale della catena stessa nella quale si trova l’uomo. Le diossine, anche se con distribuzione diversa tra i vari congeneri, sono state sempre presenti nella catena alimentare a livello di tracce e devono essere considerate alla stregua degli oligoelementi, che svolgono importantissime funzioni biologiche a livello di tracce, mentre possono essere estremamente tossici in dosi massive. Le diossine, insomma, non sfuggono all’assioma di Paracelso, che dice: “Dosis sola facit ut venenum non sit” (E’ la dose che fa il veleno).
Per bassa dose si intende quella quantità di diossine che svolge una funzione fisiologica senza diventare causa di patologie. La prova indiretta di tale possibilità ci viene fornita dalle ricerche sulla proteina AhR, un recettore presente nelle nostre cellule con un alto grado di conservazione durante l’evoluzione del mondo animale, vale a dire che esso è presente in tutti gli animali, dall’uomo fino a scendere giù nella scala del regno animale. Studi successivi su tale proteina, compiuti sui ratti, hanno dimostrato che le diossine svolgono persino un’azione chemio preventiva e chemio protettiva nei tumori della mammella”.
Antonio Malorni