Rete sotto assedio: si all’autoregolamentazione ma chi parla a nome degli utenti?
23 Dicembre 2009 Pubblicato da Pino Bruno
La protesta dei cittadini digitali ha sortito un primo risultato. Indubbiamente positivo. Non ci saranno leggi speciali per reprimere chi compie reati di istigazione alla violenza e all’odio su Internet. Magistratura e forze dell’ordine possono intervenire con gli strumenti già a loro disposizione. Ieri il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha detto che “La strada da seguire è quella di un accordo fra tutti, definendo un codice di autoregolamentazione che coinvolga i soggetti interessati, evitando interventi d’autorità”. Bravo il ministro.
Non capita tutti i giorni che qualcuno, a quel livello, ammetta di aver sbagliato l’approccio al problema. Tutti contenti, dunque? Si, ma bisogna fare chiarezza su significato e prassi dell’autoregolamentazione.
Il ministro Maroni auspica “un grande accordo di responsabilità fra tutti gli operatori, evitando interventi d’autorità ma ottenendo ugualmente il risultato, cioè contemperare la tutela della libertà di espressione con la necessità di rimuovere da Internet contenuti che integrino gravi reati. La soluzione migliore è, dunque, un codice di autoregolamentazione che sarebbe il primo caso al mondo e che dovrà essere elaborato e approvato in tempi rapidi, per combattere il proliferare di gruppi che inneggiano all’omicidio, al terrorismo e alla mafia”.
Cerchiamo di entrare nel merito. Chi sono gli operatori e i soggetti interessati? Ieri il ministro ha convocato al Viminale i gestori di rete , i rappresentanti dei social network e di numerose aziende, oltre che il vice ministro delle Comunicazioni Paolo Romani, il capo della Polizia Antonio Manganelli, il consigliere ministeriale con delega alla sicurezza informatica Domenico Vulpiani, il capo della Polizia postale Antonio Apruzzese.
Chi mancava? Qualcuno che rappresentasse i protagonisti della vita in rete, gli utenti, i cittadini digitali. E’ vero, c’è un problema di delega. E’difficile individuare chi e perché. In Italia ci sono molte associazioni, che però agiscono ognuna per conto suo. Non c’è – paradossale(? ) – un network che faccia unione e forza, un sindacato dei fruitori (tutti paghiamo un canone per accedere a Internet). E’ un limite che si può e si deve superare. D’altronde non si può pensare ad una autoregolamentazione senza tenere conto degli utilizzatori finali.
Se i cittadini digitali non diventano soggetto politico (nel senso nobile del termine), le autoregolamentazioni arriveranno dall’alto. Prossimo appuntamento al Viminale a metà gennaio. Chi parlerà a nome degli utenti?
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