Su Facebook, si sa, le catene di Sant’Antonio si sprecano. A volte ritornano, anche quelle più vecchie. Bufale d’annata, che però continuano a far (brutta) mostra di sé sulle bacheche personali. È quel viziaccio di copiare e incollare senza pensarci su, senza fare uno straccio di verifica delle fonti. Così ci si rende complici inconsapevoli
Numerosi utenti di Facebook in questi giorni stanno copiando e incollando sulle proprie bacheche l’ennesimo messaggio-bufala che, nelle intenzioni, dovrebbe indurre il social network ad un trattamento personalizzato delle condizioni d’uso. Come è già successo molte volte, si tratta di una inutile catena di Sant’Antonio, generata da buontemponi nullafacenti. Le norme imposte da Facebook, che si devono accettare per far
Sembravano destinate all’oblio, le vecchie catene di Sant’Antonio che viaggiavano per lettera affrancata e tentavano di strapparti la lacrimuccia con gli strampalati racconti di disgrazie d’ogni tipo, per poi chiederti soldi. E invece no, i truffatori vivono e lottano insieme a noi, usano la posta elettronica, millantano relazioni VIP, cercano di coinvolgerci in faide familiari.
Gira e rigira, la bufala scompare e riappare a distanza di tempo, come le bottiglie che contengono messaggi da affidare alle maree. Da qualche giorno l’onda lunga delle cavolate ha fatto spiaggiare un evergreen della disinformacja su Facebook. Il messaggio millanta un abbonamento gold, cioè si dovrebbe pagare per salvaguardare la privacy. Eppure basta fare
Virale. L’ultima bufala su Facebook e le impostazioni di privacy gira vorticosa sul social network. Non è nuova, in verità. Girava già anni fa e qualcuno l’ha semplicemente modificata e riproposta. E dire che basterebbe fare una piccola ricerca in giro, prima di copiare&incollare. Ad esempio, senza neanche allontanarsi da Facebook, c’è questa pagina che
Come ogni anno, alla vigilia degli esami di maturità, in rete impazza il tototema. Ci sono siti che alimentano ad arte i rumor per attirare visitatori. E’ solo marketing, che in quale caso può sconfinare nella truffa, come fa sapere la Polizia delle Comunicazioni. Da giorni i detective digitali monitorano il web a caccia di
Ultimo bollettino delle bufale in rete. Ce ne sono due che dilagano come valanghe sui social network. La prima riguarda FaceBook. E’ la solita cavolata sull’imminente servizio a pagamento. La seconda, invece, parla di WhatsApp, la popolarissima applicazione di instant messaging (a proposito, Indoona è decisamente migliore e in più è un prodotto italiano). Catene
Ieri hanno colpito e affondato Dan Brown (avrà toccato ferro?) con un falso account Twitter di Umberto Eco. Lo scrittore americano è vivo è vegeto ed Eco, ovviamente, era all’oscuro di tutto. Comunque per qualche ora la notizia è rimbalzata sulla rete grazie al retweet facilone di chi rilancia di tutto e di più, senza
Ci risiamo. Su Facebook dilaga un altro tormentone, un messaggio-bufala che molti copiano e incollano sulle bacheche personali senza soffermarsi a riflettere. E’ una variante delle precedenti catene di Sant’Antonio a proposito della (presunta) tutela della privacy sul social network. Impossibile risalire al primo spacciatore di questa ennesima cavolata. Sorprende comunque che ci caschino così
Una parola al giorno toglie il digital divide di torno. La parola di oggi è hoax: sembrano cose vere ma sono bufale. Hoax, appunto. Non tutto quello che si legge in Internet è vero, anche se verosimile. Imbroglioni, truffatori e burloni sono sempre in agguato anche sulla Rete e dunque si deve imparare a distinguere
La rete è piena di notizie false diffuse per vari scopi, come sa bene il detective antibufala Paolo Attivissimo. Risalire a chi le ha messe in giro è molto difficile. Lavoro lungo e artigianale, perché la disinformatjia è un’arte e una professione, un vecchio trucco che funzionava sempre ai maestri del vecchio KGB e molto meno