Ogni giornale on line, ogni blog, ha il suo spazio per commenti e discussioni on line. In genere è relegato in coda all’articolo e al post. Spesso è disertato, per pigrizia o diffidenza (ci si deve loggare, autenticare, e questo piace a pochi). Sta lì perché il web è duepuntozero ed è quasi un obbligo,
Questa storia dovrebbe diventare case study nelle scuole di giornalismo. Tutto comincia con una notizia pubblicata il 17 aprile dall’India’s Business Standard. Nei magazzini di Godrej & Bojce Manifacturing Company, l’ultimo fabbricante di macchine per scrivere al mondo – scrive il giornale – sono rimaste soltanto 500 macchine. La produzione è cessata per mancanza di
Custodisco in soffitta una vecchia e preziosa (mitico Sottsass!) Olivetti Valentine, nella sua elegante valigetta. La usavo quando ero giovane cronista e non l’ho mai rottamata. Non si sa mai. Piglia e capita un blackout lungo una vita? Metti che, con quello che succede in Nord Africa e in Medio Oriente, dichiarano fuorilegge internet, personal
Wikileaks è uno dei protagonisti, quest’anno, del Festival internazionale del giornalismo di Perugia. Non poteva essere diversamente. E’ stato un positivo tsunami, per l’informazione. Ne ho parlato anch’io, oggi, insieme con Matteo Flora, Carlo Gubitosa e Giorgio Scura (uno dei due giornalisti italiani che hanno intervistato Julian Assange). Tema del panel: Il metodo Wikileaks applicato
Odense è la terza città della Danimarca, per numero di abitanti. Qualche tempo fa l’amministrazione comunale ha scelto il pacchetto Google Apps per organizzare calendario, programma di studio e valutazione dei percorsi di apprendimento degli alunni delle scuole cittadine. Dunque Google Docs per scrivere testi, Google Calendar per la pianificazione, GMail per la posta elettronica.
A chi parlava la puntata di Report di ieri sera su social network e dintorni? Suppongo che il target individuato fosse generalista, non specialistico. In tal caso mi è sembrata un po’ troppo superficiale, perché ha privilegiato la dark side, il lato oscuro del web sociale. Attenti, hanno detto Milena Gabanelli e Stefania Rimini, c’è
Il dibattito è vecchio quanto la rete, e si ravviva alla vigilia di ogni grande investimento infrastrutturale. I gestori italiani delle reti presentano il conto ai grandi utilizzatori delle reti. Lo ha fatto ieri l’amministratore delegato di Fastweb, Stefano Parisi, lo ha ripetuto oggi il suo collega di Telecom Italia, Franco Bernabè. Il discorso è
Questa storia della diffamazione via motore di ricerca mi ha fatto tornare in mente l’aria del Barbiere di Siviglia: “La calunnia è un venticello, un’auretta assai gentile che insensibile, sottile, leggermente, dolcemente, incomincia a sussurrar”. Può un motore di ricerca essere diffamatorio? Si, se i suoi algoritmi matematici suggeriscono affinità criminali con il nome della
Google assume, anche in Italia. Il direttore per l’Italia, Stefano Maruzzi, scrive che ci sono “molte posizioni aperte e altre si aggiungono a ritmo sostenuto. Stiamo incrementando il nostro organico a livello mondiale di altre 6.000 unità”. Qualsiasi candidatura deve essere presentata attraverso il sito web, in modo da essere sottoposta a valutazione da parte
L’ha spuntata Kansas City, ma altre millecento città statunitensi si sono candidate alla banda larghissima – 1 GB/s, cioè 100 volte più veloce di quella oggi a disposizione dell’americano medio – proposta da Google. Nella città del Kansas il servizio sarà attivo già l’anno prossimo, ma scalpitano, protestano, rivendicano trattamento analogo una miriade di altre
Non è indolore, per chi fa informazione, la transizione verso la democrazia dopo la rivolta popolare in Egitto. “Colpevole” di aver criticato le forze armate in un post, il blogger Maikel Nabil Sanad è stato arrestato dalla polizia militare. “Come ci si può fidare di un’istituzione che promette una transizione democratica con la partecipazione della