Gira e rigira, la bufala scompare e riappare a distanza di tempo, come le bottiglie che contengono messaggi da affidare alle maree. Da qualche giorno l’onda lunga delle cavolate ha fatto spiaggiare un evergreen della disinformacja su Facebook. Il messaggio millanta un abbonamento gold, cioè si dovrebbe pagare per salvaguardare la privacy. Eppure basta fare
Virale. L’ultima bufala su Facebook e le impostazioni di privacy gira vorticosa sul social network. Non è nuova, in verità. Girava già anni fa e qualcuno l’ha semplicemente modificata e riproposta. E dire che basterebbe fare una piccola ricerca in giro, prima di copiare&incollare. Ad esempio, senza neanche allontanarsi da Facebook, c’è questa pagina che
Ultimo bollettino delle bufale in rete. Ce ne sono due che dilagano come valanghe sui social network. La prima riguarda FaceBook. E’ la solita cavolata sull’imminente servizio a pagamento. La seconda, invece, parla di WhatsApp, la popolarissima applicazione di instant messaging (a proposito, Indoona è decisamente migliore e in più è un prodotto italiano). Catene
Ieri hanno colpito e affondato Dan Brown (avrà toccato ferro?) con un falso account Twitter di Umberto Eco. Lo scrittore americano è vivo è vegeto ed Eco, ovviamente, era all’oscuro di tutto. Comunque per qualche ora la notizia è rimbalzata sulla rete grazie al retweet facilone di chi rilancia di tutto e di più, senza
Ci risiamo. Su Facebook dilaga un altro tormentone, un messaggio-bufala che molti copiano e incollano sulle bacheche personali senza soffermarsi a riflettere. E’ una variante delle precedenti catene di Sant’Antonio a proposito della (presunta) tutela della privacy sul social network. Impossibile risalire al primo spacciatore di questa ennesima cavolata. Sorprende comunque che ci caschino così
Una parola al giorno toglie il digital divide di torno. La parola di oggi è hoax: sembrano cose vere ma sono bufale. Hoax, appunto. Non tutto quello che si legge in Internet è vero, anche se verosimile. Imbroglioni, truffatori e burloni sono sempre in agguato anche sulla Rete e dunque si deve imparare a distinguere
La rete è piena di notizie false diffuse per vari scopi, come sa bene il detective antibufala Paolo Attivissimo. Risalire a chi le ha messe in giro è molto difficile. Lavoro lungo e artigianale, perché la disinformatjia è un’arte e una professione, un vecchio trucco che funzionava sempre ai maestri del vecchio KGB e molto meno
Leggo centinaia di post e articoli sul presunto golpe di Facebook, a proposito dell’indirizzo mail dell’account personale. Tutti scrivono che, proditoriamente, nottetempo, senza avvertire gli utenti, Facebook avrebbe cambiato l’account postale inserito al momento dell’iscrizione al social network. A tutti sarebbe stato imposto un nuovo indirizzo mail del tipo [email protected]
Pier Luca Santoro, sul Giornalaio, lancia il progetto di elaborazione di un codice di autodisciplina di chi diffonde informazioni sulla Rete, “prima di restare schiacciati non solo sotto il peso dell’ infobesità ma anche di quello delle bufale”. La vicenda della presunta morte di Paolo Villaggio e una inchiesta del Guardian. Sabato la Rete è
No, non si può vivere di soli Twitter e Facebook, e neanche del nuovo Google +. L’informazione non può passare solo ed esclusivamente dai social network. Il falso tweet sulla morte del presidente americano Barack Obama ha messo a nudo il re, e l’allarme rosso dovrebbe lampeggiare per tutti: giornalisti, lettori, utenti del web. Mai
Questa storia dovrebbe diventare case study nelle scuole di giornalismo. Tutto comincia con una notizia pubblicata il 17 aprile dall’India’s Business Standard. Nei magazzini di Godrej & Bojce Manifacturing Company, l’ultimo fabbricante di macchine per scrivere al mondo – scrive il giornale – sono rimaste soltanto 500 macchine. La produzione è cessata per mancanza di